MALIPIERO E DE DOMINICIS IN UN CORALE QUATTROCENTESCO DEL DUOMO DI BRESCIA
Proseguiamo, in via preliminare, con il verificare come il termine mano d’aquila appaia o meno nei principali
“vocabolari” araldici. Come detto il Crollalanza lo ignora (si veda post
precedente). Piero Guelfi Camaiani lo riporta, introducendo però un sinonimo,
anche questo non riportato dal Crollalanza (e che io non ho mai visto
utilizzato): artiglio alato. Piccola nota partigiana: il Guelfi suddetto
cita anche una famiglia bresciana, Barboglio Gaioncelli come detentrice di una
mano d’aquila nera sormontante un monte un monte di tre cime d’oro, il tutto in
campo rosso. Ora, negli stemmari in mio “possesso”, come “Gaioncelli (abbinato
o meno ai Barboglio) non ho trovato nulla, mentre ho un riscontro dello stemma
Barboglio che è un semplicissimo leone d’oro in campo rosso. Non so quindi da
dove il Guelfi abbia tratto la sua affermazione. Niente “mano d’aquila” nel
Ginanni, mi pare, e nemmeno nell’altro vocabolario Guelfi, quello di Guelfo. Il
termine è invece riportato dal pur scarno e burocratico Manno.
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Vi sono due vescovi bresciani che appaiono legati
indissolubilmente in un capolavoro miniato oggi conservato in Queriniana (ms A
III 11, Pontificale Romano), vale a dire uno dei corali del Duomo di Brescia:
sono Bartolomeo Malipiero (padovano, operante nella città lombarda dal 1457 al
1464) e il suo successore Domenico de Dominici (1464-1478). Del secondo abbiamo
già parlato con riferimento al suo monumento sepolcrale visibile in duomo
vecchio (https://www.facebook.com/groups/211814768987383/search/?query=de%20dominicis oppure http://bianchetti-araldica.blogspot.it/search?q=de+dominicis).
Il Corale (proveniente, insieme ad altri diciassette, dalla Cattedrale di S.
Maria Maggiore de Dom e di proprietà
del Capitolo della Cattedrale) è stato studiato nel ’98 da Paola Bonfadini la
cui tesi è stata pubblicata in un libro intitolato I libri corali del Duomo vecchio di Brescia. Da questo testo
apprendiamo che i manoscritti risultavano essere già in parte redatti nel 1463
(vescovo il Malipiero) e decorati tra il 1471 e 74 (vescovo il Dominici, che
diede nuovo impulso alla decorazione, tramite la donazione avvenuta nel primo
dei due anni citati). Purtroppo, a dimostrare ancora una volta come l’araldica
sia spesso snobbata anche in studi che la riguardano da vicino e di cui è
(dovrebbe essere) parte integrante, già alla quinta immagine (unica a tema
araldico, se non erro) dell’opera della Bonfadini si registra un errore
marchiano: la didascalia parla di stemma De Dominicis, ma l’arma è quella dei
Malipiero (l’errore è ripetuto nell’indice). Forse si è dato per scontato che quella
prevalente di numero nelle pagine miniate (si legga più avanti), si riferisse
al vescovo che per più anni si occupò della produzione di quest’ultimo. Tuttavia,
sarebbe bastata un’occhiata a qualche stemmario, anche moderno, reperibile
nella stessa Queriniana, per sanare il fraintendimento. Ad ogni buon conto nel
capolavoro in questione, che poi, per mia fortuna, ho consultato direttamente,
appaiono (se non ne ho saltati alcuni) quattro stemmi De Dominicis e nove Malipiero,
quest’ultimo variamente rappresentato dal punto di vista cromatico (l’arma corretta
prevede un d’argento, alla mano d’aquila
di nero, si vedano
foto 1-2). Considerato che il titolare dello stemma con la suddetta mano d’aquila visse soltanto per un anno
dall’inizio della redazione del libro, non so dire il perché di questa
sproporzione a suo vantaggio, non so dire cioè se lo stemma Malipiero appaia
più volte perché tra il 1463 (anno di inizio dei lavori) al 1464 (anno di morte
del Malipiero) si fossero già eseguite numerose iniziali con il suo emblema
araldico (sparse per tutto il libro?) o se dette rappresentazioni risalgano al
periodo successivo e vogliano soltanto “ricordare” il prelato che approvò l’inizio
dell’esecuzione artistica. Metto comunque tali stemmi nella mia carrellata (30 immagini), alternati a
pagine prive di testimonianze araldiche ma talmente meravigliose che non me la
sono sentita di non condividere.































