PERUGIA CHIESA DI SAN DOMENICO (31 LUGLIO 2016) PARTE 2 DI 2
PER L'INTRODUZIONE GENERALE A QUESTO LAVORO SI VEDA LA PARTE 1 DI 2 PUBBLICATA ANCH'ESSA L'1 DICEMBRE 2016
Carissimi, a questo giro funziona
così: ho cercato di attribuire tutti gli stemmi trovati nella chiesa di San
Domenico in Perugia, utilizzando il Blasone Perugino di Vincenzo Tranquilli
(XVI sec.) (TR in seguito) e, solo in caso di dubbi, il BSB cod. icon 274
(“Fugger”: Insignia Veneta, Mantuana, ecc.) (F274 in seguito) . Una mano
inattesa, quanto sostanziosa, trovata proprio mentre stavo concludendo il
lavoro, l’ho trovata in Descrizione storica della chiesa di S. Domenico, di
Cesare Orlandi (stamperia di Mario Reginaldi, Perugia, 1778, https://play.google.com/books/reader?id=0bqMAaD-h54C&printsec=frontcover&output=reader&hl=it&pg=GBS.PP5)
(OR in seguito).
21-22 BEVILACQUA-ALDOBRANDINI Nella cappella
di S. Lorenzo o della Cura si conserva questa iscrizione che l’OR riporta
diligentemente (OR pagg. 60-61/95). L’autore dice che “in una parete di questa
Cappella si legge in marmo scorniciato di color rosso inciso questo epitaffio
del celebre Bonciario; [… segue
trascrizione]. L’OR spiega che il cardinale citato in fine di testo “era
Bonifazio Bevilacqua (http://www.araldicavaticana.com/b042.htm)
il quale venne nel 1500 Legato in
Perugia con il sig. Conte Luigi suo
fratello, al quale, essendo morta la Figlia chiamata Bianca, fece fare la suddetta iscrizione”. Nel secondo e quarto
quarto dell’inquartato sormontante l’epigrafe, si riconosce il celeberrimo
“semivolo” dei Bevilacqua. Gli altri due quarti caricano sstemma degli
Aldobrandini di Siena. Il Cardinale infatti è in realtà un
Bevilacqua-Aldobrandini, nucleo trasferitosi da Verona a Ferrara nel 1430 in
occasione delle nozze di famiglia. In quell’anno la famiglia stessa fece
costruire nella città romagnola quello che oggi è conosciuto come Palazzo
Bevilacqua-Costabili. Anche il card. Bonifacio nacque a Ferrara.
Tornando al monumento fotorgafato, il terminus post quem è dato dalla data di morte incisa, vale a dire il 1601. Poiché di certo il monumento non può esserle precedente, è così spiegato il silenzio del TR, che compila il suo stemmario nel secolo precedente.
Tornando al monumento fotorgafato, il terminus post quem è dato dalla data di morte incisa, vale a dire il 1601. Poiché di certo il monumento non può esserle precedente, è così spiegato il silenzio del TR, che compila il suo stemmario nel secolo precedente.
23-24-25 26-27-28-41 BAGLIONI (E
PIETRO BAGLIONI)
Nella cappella di S. Pietro è
questo altare, il cui quadro è opera di Giovanni Bonaventura Borghesi di Città
di Castello, il cui committente fu il padre inquisitore Paolo Ottaviani, nel
1705 (OR pag. 63/95). L’OR stesso tace dei due stemmi Baglioni posti ai piedi
delle colonne e di quello rintracciabile sulla lapide di Pietro Baglioni. Il
fatto che l’autore non dica nulla di quest’epigrafe suona molto strano, visto
la diligenza con cui ha riportato tutte quelle che ha trovato. Non regge
stavolta la scusa “cronologica”. L’OR scrive nel 1778, la data sull’iscrizione
è 170(8?). http://bibliotecaestense.beniculturali.it/info/img/stemmihtml/baglioni.html
29-30-31-32 BENIINCASA
L’OR (pag. 64/95) trascrive inizialmente
solo l’epigrafe del ‘400 (quella piccola), dicendo che era posta all’ all’’interno
della Cappella di Maria Santissima del Rosario, sotto al quadro di S. Cecilia,
mentre della lastra più grande, risalente al 1696, afferma (OR pag. 68/95) che
è posta “in faccia alla Cappella del Rosario, in un pilastro”, dove è
tutt’oggi. Evidentemente la lapide più antica è stata trasportata e posta sotto
al monumento più recente, in epoca successiva, probabilmente quando
quest’ultimo è stato allestito. Poi l’autore
dà conto di un litigio tra i Benincasa e i Fabbrizi (dando ragione a questi
ultimi sulla base delle evidenze riscontrabili dal “registro del P. Maestro
Baglioni a pag. 14”) per il possesso della Cappella degli Apostoli (“che fu
pretesa dai Signori Benincasa, […] ma
era dei Fabbrizj”). L’OR ubicava
anche in questa cappella di Maria SSma del Rosario, "la ben ornata lapide
coll’arme di casa Colonna sotto ed in mezzo a caratteri d’oro questa
iscrizione” (si veda il commento a foto 14-15-16). Visto il periodo di
costruzione del monumento, inutile dire che il TR si riferisca allo stemma
annesso alla lapide quattrocentesca o ad altro testimone in Perugia). Il
Crollalanza, come il TR. ci dice che lo stemma era di rosso alla banda d’oro,
ma aggiunge anche che si estinsero nella prima metà del ‘700 (la seconda lapide
fotografata risale come detto al 1696 e quindi a poco prima dell’estinzione
della famiglia). Notizie su Alessandro
Benincasa (titolare di questa lapide) e ancora sulla vicenda che vide la sua
famiglia in contrasto con i Fabrizi per il possesso della Cappella del Rosario,
si trovano in OR a pagg. 67-68/95 (dove si trova anche la trascrizione della
lapide più recente e più grande).
http://bibliotecaestense.beniculturali.it/info/img/stemmihtml/cateriniansideibenincasa.html Il TR. riporta questo stemma sotto triplo nome di famiglia: Ansidei, Benincasa e un terzo nome che il sito della Estense, al link qui sopra, indica come Caterini. Non sono d’accordo con questa interpretazione della grafia del TR.
http://bibliotecaestense.beniculturali.it/info/img/stemmihtml/cateriniansideibenincasa.html Il TR. riporta questo stemma sotto triplo nome di famiglia: Ansidei, Benincasa e un terzo nome che il sito della Estense, al link qui sopra, indica come Caterini. Non sono d’accordo con questa interpretazione della grafia del TR.
33-34-35-DE COLIS (EX
“COGLIONI”)/CANTUCCI e 36 DE COLIS
Non sono solo i Colleoni di
Bergamo, quindi, ad aver “ripulito” il cognome in epoche più recenti. Mai avrei
pensato nel leggere “De Colis” però, che anche qui ci si potesse trovare di
fronte ad una famiglia Coglioni. La cosa che più mi interessa (e che mi
piacerebbe fosse sviluppata) è notare che ancora in pieno Cinquecento, non si
percepisse come offensivo, volgare o “vergognoso” lo scrivere o il pronunciare
certi cognomi. La prova è infatti che il TR (http://bibliotecaestense.beniculturali.it/info/img/stemmihtml/coglioni.html)
usa tranquillamente il cognome “Coglioni” per indicare i titolari di questo
stemma (parte destra araldica del partito) ed è infatti grazie a lui che mi è
stato possibile ricostruire questo passaggio. Vedere per credere. Altra arma,
sempre seicentesca, presente in San Domenico, è accompagnata dalla scritta De
Colis, il che parrebbe confermare che nell’arco di un centinaio d’anni l’uso
del primo cognome fosse completamente decaduto (a meno che i membri di tale
famiglia non avessero iniziato da molto prima a sostituire tale primo cognome
con la forma edulcorata, mentre chi non ne faceva parte continuasse a usare il
precedente: tutti bravi a scrivere “Coglioni” quando si tratta del cognome di
altri…). Ipotesi inverificabili a parte, mi pare comunque di poter affermare
che se il Colleoni - dicono - andasse fiero di cotanto nome di famiglia, sembra
che i De Colis non lo fossero poi così tanto…).
A questo punto è legittimo chiedersi cosa siano le due generiche “palle” che gli artigli dell’aquila stringono così gelosamente… (va detto che il Tr. stesso le indica come “sonagli”: io posso solo aggiungere che dall’esame dei due testimoni da me fotografati, non sarei mai giunto a tale conclusione. Come indica anche l’OR (pag. 65/95) comunque, il monumento in questione è “il Deposito della Signora Elisabetta Cantucci ne’ Coli”. ELISABETHA CANTVTIA PATRITIA PERVSINA FAMILIAE DE COLIS, recita l’iscrizione che Ubaldo de Colis volle per la moglie, defunta nel Dicembre del 1647 a ventisette anni (l’opera risale all’anno successivo). Poiché nell’iscrizione si parla della vicenda del crollo del 1614 e di una colonna crollata pure lei, che conteneva lo stemma con l’aquila dei De Colis, ho chiesto aiuto al Prof. Casanova , del GAFO Quinzano, che qui ringrazio di cuore, per la traduzione integrale dell’epigrafe. Con la consueta gentilezza, competenza e rapidità questi mi ha risposto e quindi grazie a lui posso inserire il tutto alla fine di questo commento. Di certo, se il TR vide arma Coglioni/De Colis in San Domenico e non altrove, vide quella crollata di cui si fa menzione sopra e non quella attuale (risalente al 1648. Né poté vedere l’altra da me fotografata, in quanto, nonostante un banco occulti le ultime cifre, si legge chiaramente (con suspense sull’ultima cifra, come nei peggiori film) che essa fu realizzata almeno dal MDCL… (1650) in poi. (http://bibliotecaestense.beniculturali.it/info/img/stemmihtml/cantucci.html)
A questo punto è legittimo chiedersi cosa siano le due generiche “palle” che gli artigli dell’aquila stringono così gelosamente… (va detto che il Tr. stesso le indica come “sonagli”: io posso solo aggiungere che dall’esame dei due testimoni da me fotografati, non sarei mai giunto a tale conclusione. Come indica anche l’OR (pag. 65/95) comunque, il monumento in questione è “il Deposito della Signora Elisabetta Cantucci ne’ Coli”. ELISABETHA CANTVTIA PATRITIA PERVSINA FAMILIAE DE COLIS, recita l’iscrizione che Ubaldo de Colis volle per la moglie, defunta nel Dicembre del 1647 a ventisette anni (l’opera risale all’anno successivo). Poiché nell’iscrizione si parla della vicenda del crollo del 1614 e di una colonna crollata pure lei, che conteneva lo stemma con l’aquila dei De Colis, ho chiesto aiuto al Prof. Casanova , del GAFO Quinzano, che qui ringrazio di cuore, per la traduzione integrale dell’epigrafe. Con la consueta gentilezza, competenza e rapidità questi mi ha risposto e quindi grazie a lui posso inserire il tutto alla fine di questo commento. Di certo, se il TR vide arma Coglioni/De Colis in San Domenico e non altrove, vide quella crollata di cui si fa menzione sopra e non quella attuale (risalente al 1648. Né poté vedere l’altra da me fotografata, in quanto, nonostante un banco occulti le ultime cifre, si legge chiaramente (con suspense sull’ultima cifra, come nei peggiori film) che essa fu realizzata almeno dal MDCL… (1650) in poi. (http://bibliotecaestense.beniculturali.it/info/img/stemmihtml/cantucci.html)
Deo Optimo Maximo
Elisabetha Cantutia patritia pervsina familiæ
de Colis
propagandæ adivncta annum
Agens xxvii. nono kalendas decembres
mdcxlvii. in ipso magis viridi ivventæ flore
deflorvit. Tv
tamen mortalis vitæ periodvm tam propere eam
absolvisse
ne mireris, lector: siqvidem alta etiam hvivs
ædis moles
contra omnem, vt videbatvr, vetvstatis inivriam
extrv-
cta anno. mccciii. pavca sæcvla
stetit: nam anno mdcxiiii rv-
inam fecit, et cvm aliis, qvibvs templvm
innitebatvr, vna
collapsa fvit colvmna,
qvam Colla Gens erexerat, provt
aqvila gentilitivm eivs stemma inscvlpta
marmori eidem
inserto ad illvd vsqve temporis testabatvr,
Binas igitvr
hoc in templo iacentes
conspicis eivsdem stirpis colvmnas,
lateritiam vnam svo
sepvltam casv, hvmanam alteram hoc
tvmvlatam saxo, qvæ
plvres enixa liberos longe stabiliorem,
qvam alia, reliqvit
prædictam domvm, et ivre qvidem.
namqve illa ab hvmano artifice.
hæc vero ab OPIFICE DEO constrvcta fvit.
Vbaldvs de Colis patritivs pervsinvs mvltis cvm
lachrimis
Conivgi Amantissimæ posvit. Anno.
Domini. mdcxlviii.
A Dio ottimo massimo
Elisabetta Cantutia, patrizia di Perugia, congiunta a propagare la famiglia de Colis, a 26 anni, il 23 novembre 1647,
proprio nel fiore più verde della gioventù sfiorì.
Tu, lettore, tuttavia non
stupirti che lei abbia assolto così in fretta il corso della vita: dal momento
che anche l’alta mole di questo santuario, costruita - come sembrava - contro
ogni ingiuria dell’antichità l’anno 1303, rimase in piedi per pochi secoli:
infatti l’anno 1614 precipitò, e insieme alle altre strutture su cui il tempio
si fondava, collassò una colonna che aveva eretto la famiglia Colla, come
l’aquila, suo stemma gentilizio, scolpita sullo stesso marmo fino a quel tempo
attestava.
Pertanto vedi giacere in questo
tempio due colonne della stessa stirpe: una di mattoni, sepolta dalla sua
caduta; l’altra umana, tumulata in questa lapide, la quale, avendo partorito
più figli, lasciò la suddetta casa di gran lunga più stabile dell’altra, e
certo a buon diritto: infatti quella da un artefice umano, questa invece da Dio
creatore fu eretta.
Ubaldo de Colis, patrizio di Perugia, con molte lacrime pose alla moglie
amantissima nell’anno del Signore 1648.
(trad. a cura del Prof. Casanova)
39 40 STROZZI/TRANQUILLI
Atmosfera fiorentina per questo
monumento funebre che Pietro Strozzi dedicò alla moglie defunta, Camilla
Tranquilli e di cui l’OR (pag. 68-69/95)
non riporta che l’iscrizione, senza alcun commento particolare, se non
che trattasi di “Deposito non
compito”. Il TR. (lo stemmario del quale
non è datato in maniera precisa, ma solo con un generico “XVI sec.”) tace, ma
tace perché le armi non sono genuinamente perugine o perché il monumento è
stato costruito successivamente alla compilazione della sua opera? Così fosse,
sarebbe interessante notare che essa abbia visto la luce prima del 1575, data
che appare incisa nella lapide. Poiché questa non è agevolmente leggibile se
non con ingrandimento della foto, acquista valore la trascrizione dell’OR, che
invito a leggere, dalla quale si evince come Camilla, sia morta il 4 Settembre
1575, di parto, alla giovanissima età di ventidue anni. A piangerla, come
detto, il marito Pietro Strozzi “FLORENTINVS PONTIFICIVS PERVSIAE, ET VMBRIA
QUESTOR”.
http://www.archiviodistato.firenze.it/ceramellipapiani/index.php?page=Famiglia&id=4773
http://www.archiviodistato.firenze.it/ceramellipapiani/index.php?page=Famiglia&id=7196
http://www.archiviodistato.firenze.it/ceramellipapiani/index.php?page=Famiglia&id=4773
http://www.archiviodistato.firenze.it/ceramellipapiani/index.php?page=Famiglia&id=7196
39 40 STROZZI/TRANQUILLI
Atmosfera fiorentina per questo
monumento funebre che Pietro Strozzi dedicò alla moglie defunta, Camilla
Tranquilli e di cui l’OR (pag. 68-69/95)
non riporta che l’iscrizione, senza alcun commento particolare, se non
che trattasi di “Deposito non
compito”. Il TR. (lo stemmario del quale
non è datato in maniera precisa, ma solo con un generico “XVI sec.”) tace, ma
tace perché le armi non sono genuinamente perugine o perché il monumento è
stato costruito successivamente alla compilazione della sua opera? Così fosse,
sarebbe interessante notare che essa abbia visto la luce prima del 1575, data
che appare incisa nella lapide. Poiché questa non è agevolmente leggibile se
non con ingrandimento della foto, acquista valore la trascrizione dell’OR, che
invito a leggere, dalla quale si evince come Camilla, sia morta il 4 Settembre
1575, di parto, alla giovanissima età di ventidue anni. A piangerla, come
detto, il marito Pietro Strozzi “FLORENTINVS PONTIFICIVS PERVSIAE, ET VMBRIA
QUESTOR”.
http://www.archiviodistato.firenze.it/ceramellipapiani/index.php?page=Famiglia&id=4773
http://www.archiviodistato.firenze.it/ceramellipapiani/index.php?page=Famiglia&id=7196
http://www.archiviodistato.firenze.it/ceramellipapiani/index.php?page=Famiglia&id=4773
http://www.archiviodistato.firenze.it/ceramellipapiani/index.php?page=Famiglia&id=7196
43) ANONIMO
(VERDI?)
Qui il TR
riporta l’unico stemma simile a quello da me proposto. Difficile si tratti dello
stesso, visto che il compilatore indica chiaramente che si tratti di palle e
non di fiori (cinquefoglie?) come si vede invece nella foto. Il TR indica lo
scaglione con un termine simile a “tramizi” (sempre al plurale -tranne forse a
pagg. 16 e 18 dove forse starebbe meglio un “travirsa- anche se presente
singolarmente: evidentemente considera tale figura come l’unione di due
elementi, i “tramizi” appunto, se diamo per buona la mia congettura) o “sbarra a tramizi”. Chi voglia correggere
questa mia ipotesi di lettura tutt’altro che solida, potrà sfidare la grafia
del TR, scaricando il PDF relativo dal sito dell’Estense, e consultare le
pagine (digitali): 15 (ma forse non c’è la descrizione dello stemma)-16-18-26-31-(nella
36 non lo indica, lasciando dei puntini di sospensione) 38-39-42.
DA 44 A 59: ALTRI STEMMI O
EMBLEMI ARALDICI PRESENTI IN SAN DOMENICO DI PERUGIA (tra cui ROSSI SCOTTI
ANSIDEI, VALENTINI)
Nessun commento:
Posta un commento