STEMMI IN VERONA: 12) SAN ZENO STEMMI SCHIOPPO E NALDA (fotografati il 22
Luglio 2011).
A) STEMMA SCHIOPPO
L’esame di questi due stemmi, provenienti dal medesimo monumento
sepolcrale, ci costringerà brevemente a “far le pulci” al testo che stiamo
utilizzando (Armerista Veronese di Ottone de Betta, a cura di Giovanni Sartor,
Novembre 2014, pagg. 136-177), in quanto in esso sono riscontrabili delle
contraddizioni e delle sviste.
La prima arma che poniamo all’attenzione (foto 1-2-3) è quella di Nicola
Schioppa/Schioppo (Nicolai Schioppi). La descrizione del De Betta è
interessante perché pone involontariamente l’attenzione su come anticamente
certe pezze araldiche godessero –vuoi per errori interpretativi dell’esecutore,
vuoi per deliberata scelta, e senza scomodare come si fa troppo spesso, le
brisure, rare in Italia- di vita particolarmente disinvolta e articolata, del
tutto scevre della rigidità burocratica o “da logo” che attualmente si è spesso
inclini ad attribuire loro. L’autore infatti, parla, per il nostro testimone
presente in San Zeno, di “spaccato in capriolo a sei palle, tre in capo e tre
in punta, male ordinate” (e quindi: troncato in scaglione*, a sei palle male
ordinate dell’uno nell’altro), ma ci avvisa anche che in S. Tomaso, “a
sinistra, appena entrati”, vi è altro stemma degli Schioppo che “invece di
essere spaccato in capriolo (troncato in scaglione, nota mia) […] ha il
capriolo (cioè reca uno scaglione*, nota mia)”. Non solo: sempre nello stesso
edificio, vi è una lapide murata di Alvise Schioppo (1593, quindi più recente
della “nostra”) che reca di nuovo uno stemma “spaccato in capriolo”. In altri
tre testimoni presenti nel Cimitero Monumentale (uno del 1837) e nel Museo
Maffeiano, vi è di nuovo lo scaglione in un caso, mentre degli altri due non si
precisa la foggia. Troppo vago il quadro cronologico riportato dal De Betta,
per capire se lo scaglione potesse essere arma precedente a quella recante il
troncato in scaglione, o se invece le due “figure” abbiano convissuto
parallelamente (*si vedano le due differenti tipologie di stemmi nelle
immagini- davvero soltanto poste a mo’ di rudimentale esempio a beneficio dei
meno esperti- tratte da wikipedia, foto 5-6). Gli smalti dell’arme Schioppi
sono il nero e l’argento per quanto riguarda i campi, mentre le palle sono a
colori invertiti, e quindi, come detto, “dell’uno nell’altro” (si confronti
anche l’’immagine tratta dal Codice “Fugger” della BSB, foto 4). Dal De Betta
si evince che il Gianfilippi e il Verza (nonché il Crollalanza, da me poi
verificato direttamente,) confermano tali smalti e la loro precisa collocazione
(nero nella prima sezione del troncato, argento nella seconda). Ritengo che le
palle possano richiamare in maniera “parlante” il cognome, alludendo a quelle
da “schioppo”. Il De Betta, in questo caso davvero meno preciso del solito (lo
riscontreremo anche nella parte 2 di questo post), qui sostiene che il
monumento funebre fu trasportato da San Bartolomeo in Monte a San Zeno, nel
1820, quando altrove (si vedrà sempre in parte 2) ) cita il 1920. Dall’esame
diretto dell’opera del Crollalanza, possiamo aggiungere che: anticamente gli Schioppo
erano detti “da Zevio” per via delle ingenti proprietà in quella zona; che da
metà del Quattrocento in poi furono aggregati al Nobile Consiglio di Verona,
“quasi senza interruzione sino ai giorni nostri”; che nel 1776 Clemente XIII
conferì a Giuseppe e ai suoi discendenti, il titolo di conti palatini, titolo
riconosciuto dall’imperatore d’Austria nel 1829.
Nessun commento:
Posta un commento