VERONA CIMITERO MONUMENTALE LATO INGENIO CLARIS (FOTO
DEL 20 FEBBRAIO 2018): 9 DE BETTA
Post poco scientifico, quasi
sdolcinato, almeno nella prima parte. Tant’è. Il momento per me lo merita, come
merita che di lui si scriva in un paragrafo esclusivo (l’avevo annunciato nel
primo intervento su questa collana di stemmi del Cimitero monumentale di
Verona,c he per un paio di “tombe” avrei sospeso la carrellata comune con due
post “singoli”).
L’avessi saputo, sarebbe stata
comunque una bella emozione. Immaginatevi a non saperlo. Tra qualche milione di
nomi incisi su svariate migliaia di tombe, trovarsi totalmente a caso e dopo
neppure venti minuti di visita, di fronte alla lapide commemorativa dei De
Betta Inama di Castel Malgolo e su quella, scorgere quasi subito il nome di
Ottone de Betta è stata davvero una cosa toccante, quasi scioccante, come fosse
stato un richiamo. Immagino che chi abbia letto qualcosa dei miei post
veronesi, che pubblico da circa tre anni a questa parte, sappia di chi stia
parlando. E’ l’autore di quella raccolta, di inizio Novecento, di stemmi
presenti nella città di Verona, dalla quale Giorgio Giulio Sartor ha tratto
qualche anno fa il libro che quotidianamente o quasi consulto per i post di cui
sopra. Un incontro (permettetemi di chiamarlo così) baciato dal silenzio
assoluto di quelle poche e fredde ore mattutine passate nel Monumentale di
Verona. Avrei voluto sostare per molto più tempo, senza proseguire oltre.
Ottone, che riporta nel suo stemmario
più di settanta stemmi presenti nel camposanto vicino all’Adige, non poteva
certo enumerare in esso anche la lapide commemorativa della sua famiglia, di
origini trentine. I De Betta furono insigniti di nobiltà per i servigi resi, da
Ferdinando I nel 1525 (nella persona di Bonifacio Betta con diritto di
successione del titolo). Divennero possessori della torre di Malgolo nel 1584,
alla morte di Bona Concinì, moglie di Pantaleone Betta, capostipite quindi del
ramo di Malgolo, e cameriere d’onore del principe-vescovo Madruzzo. Fu il padre
di Ottone (Edoardo, 1822-1895) a introdursi nella nobiltà veronese dal 1848,
quando entrò in possesso dei vasti possedimenti del conte Giovanni Battista
Orti-Manara, una volta morta la moglie di questi, e cugina di Edoardo, Teresa.
La figura di Edoardo risulta fondamentale per un altro motivo: l’anno dopo
(1849) sposa infatti a Trento Maria de Inama (figlia della Contessa Martini di
Calliano e del nobile Virgino Inama di Campostellato) cosa che gli agevola l’inserimento
nella nobiltà trentina. Come si vede anche nella lapide veronese, da allora il
cognome Inama, accompagna costantemente quello De Betta. (Notizie tratte da Ottone de Betta, Armerista
veronese, a cura di G. G. Sartor, Iago ed., 2014. “Note storiche sulla famiglia
De Betta” di Marco Pasa).
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