VERONA
(Sant’Anastasia, Sant’Elena in Duomo, Chiostro Duomo)
73 TOMASINI
(S.ANAST.) (foto 1-2)
Di quest’arma il De Betta non dice nulla, nemmeno gli smalti. Anzi è ciò che
non dice che è importante. In pratica riporta soltanto questo caso di
Sant’Anastasia (è su un banco in legno), pertanto siamo praticamente certi che
non esistano altri stemmi di questa famiglia nella città scaligera. “Alla
fascia un po’ in sbarra” dice della seconda sezione del partito, intuendo un
problema che si pone quando sbarre e bande (e non solo) sono “schiacciate” verso
la posizione della fascia o “troppo in verticale” verso il partito e non
riprodotte in posizione classica (45° rispetto alla medesima pezza). Un modo elegante (non di mia
invenzione, ci mancherebbe) e attuale per “cavarsela” è l’utilizzo del termine
“banda/bandato a mo’ di fascia”, “sbarra/sbarrato a mo’ di fascia” (ma anche
trinciato, tagliato a mo’ di fascia o di partito, ecc.). Dal punto di vista
puramente estetico mi permetto di dire che nell’arma in questione la
concomitanza tra una fascia e una banda a mo’ di fascia affiancate, genera un
effetto visivo del tutto inelegante (ma è un giudizio solamente personale, che
ovviamente non tiene conto di come le due sezioni del partito potessero essere
un tempo, chissà, due stemmi separati. Anzi, proprio questo “inestetismo” me lo
fa pensare.


74 BECUZIO (S.ANAST.) (foto 3)
Di questa
testa di bue visibile nel vano che dalla chiesa porta in sacrestia, il
Gianfilippi ci dice essere di rosso, in campo argento, cornuta di nero. Nulla
si dice della lingua, probabilmente anch’essa di rosso. Quest’arma è di un
Giacomo. La lapide a detta del De Betta è “antichissima”.
75 BOLDERIO?
(S.ANAST.) (foto 4)
Di questa
famiglia abbiamo parlato diffusamente almeno due volte.
Questo giglio “di Firenze” quindi aperto e è
espressamente citato dal De Betta. Altrove (e l’abbiamo visto) esso è
riprodotto nella classica foggia “alla francese”. Questa famiglia aveva
utilizzava anche altre armi tra cui, come già incontrato, un’aquila (era
proprietaria di un palazzo detto dell’aquila dei Boldieri, che il De Betta agli
inizi del ‘900 individua nell’Hotel due torri). Non so dire se sia quello
attuale (la sua collocazione e il fatto che sia un palazzo storico mi fa
pensare che sia così https://hotelduetorri.duetorrihotels.com).
76 MALASPINA
(DUOMO) (foto 5)
77 (ZENO)
PELAGALLI (S. ELENA AL DUOMO) (foto
6-7-8)
Arma parlante
quasi coeva della precedente (1433).
78 CIPOLLA (S. ELENA AL DUOMO) (foto 9-10)
Citata dal De
Betta insieme ad altri esemplari veronesi. Questa è del 1491). Abbiamo già fatto dei riferimenti a questo tipo di arma in ambito veronese (si cerchi Cipolla, Ravani, ecc.)


79 IGNOTO (variante
CENDRATA?) (S. ELENA AL DUOMO) (foto 11)
Il De Betta lo classifica ignoto (n. 18) e già ai suoi tempi molto corroso.
Credevo trattarsi di un bue ma l’araldista ci informa che si è di fronte ad un ELEFANTE e che “vi si
vedono delle piante molto corrose” che oggi non si scorgono più. Il riferimento
alle piante mi induce cautamente a paventare l’ipotesi potesse trattarsi di
un’arma Cendrata della quale il De Betta stesso riporta alcune descrizioni con
varianti minime, una delle quali parla di un elefante passante su un terrazzo e
attraversante una pianta (Gianfilippi). E’ solo un’ipotesi, ma forse rinforzata
dal fatto che uno stemma Cendrata era stato annoverato come molto corroso (già
ai suoi tempi) ma ancora visibile proprio in Sant’Elena in Duomo. Doveva essere
un altro rispetto a questo, che, ricordiamo, è classificato come ignoto
dall’araldista, ma insomma, due indizi ci sono…
79 (Francesco)
CALIARI (S. ELENA AL DUOMO) (foto 12)
Stemma citato dal
De Betta. Di tutti questi stemmi di S. Elena al Duomo l’autore dice:
“bellissimo”. E io gli do ragione.
80 (Agostino)
FONTANA DI PIACENZA (S.ELENA AL DUOMO) (foto 13)
Di rosso, alla
croce scaccata d’argento e d’azzurro dice il Crollalanza dell’arma di questa
famiglia (come riporta il De Betta).
81 ARBOSELLI (S.
ELENA AL DUOMO (foto 14-15)
D’oro, allo
scaglione di rosso, accompagnato da tre alberelli sradicati di verde (qualcuno
dice anche fruttiferi di…? e qualcun altro asserisce siano pioppi. Il termine
fogliato lo ometto perché trattasi della norma e va inserito nel blasone per
indicare foglie di smalto diverso dal resto, cosa che qui non possiamo sapere).
Il titolare fu canonico in Verona. Il De Betta indica come data dello stemma
MDVII. Si noti il cimiero con un leone che tiene nelle branche anteriori un
alberello simile a quelli inseriti nell’arma.
82 GIOVANNI
DOLFIN, PATRIARCA DI AQUILEIA (REALIZZAZIONE DAL 1672. Probabile esclusione di
altri due Dolfin patriarchi di Aquileia: Daniele e Dionisio) (S. ELENA AL DUOMO) (foto 16)
Situazione
complicata. Il De Betta ci parla di un altro stemma simile, presente in Duomo,
ma “sul tutto” di quello si trova una
scala a pioli (sic) posta in banda. L’autore dice che “il sul tutto è dei
Gradenigo, ma i quattro quarti non so di chi sia (sic)”. Poi però cita il
Coronelli (Arme, blasoni, ecc della Serenissima Repubblica Veneta) che indica
come arma Gradenigo TUTTO l’inquartato
qui presente (nella versione del Duomo del De Betta e nella descrizione
del Coronelli, il castello del 2 quarto è attraversato da una banda che qui è
omessa) il che è un grosso errore. L’inquartato
è infatti relativo al patriarcato di Aquileia: inquartato, nel primo e
quarto d’azzurro all’aquila d’oro (Aquileia), nel secondo di rosso al castello
merlato attraversato dalla banda d’azzurro
caricata di un ramoscello di quercia, o di vite (san Vito al Tagliamento), nel
terzo di rosso alla croce di Sant’Andrea d'argento(San Daniele). San
Vito e San Daniele risultano essere gli antichi confini del patriarcato (dal
1509 ai patriarchi fu lasciata la signoria di Codroipo, San Vito e San Daniele) . Tra essi, come Dolfin, appaiono Giovanni,
Dionisio e Daniele che consecutivamente ricoprirono tale carica: 1657/1699,
1699/1734, 1734/1751. Nessuno di loro fu mai nominato vescovo di Verona, ma uno
di essi potrebbe aver lasciato testimonianza araldica di una sua visita
(Aquileia aveva giurisdizione sul Capitolo di Verona). Segnaliamo che Daniele
(1734/1751) fu l’ultimo patriarca di Aquileia e primo arcivescovo di
Udine. Qui http://www.archiviodiocesano.it/2010/10/22/capitolo-di-verona/
troviamo testimonianza di due visite di
Giovanni (1658 e 1672) e di una di Daniele (1740, data in cui tenne anche l’ultimo
sinodo diocesano aquileiese) che escluderebbe quindi il solo Dionisio). Il
galero che appare nell’arma è rosso, quindi cardinalizio (sempre che venisse
rispettata tale “consegna” al momento della realizzazione dell’arma): Giovanni
fu proclamato cardinale il 18/7/1667 quando era già Patriarca, mentre Daniele
lo fu dal 10/4/1747 (anche lui già patriarca). Incrociando le date quindi, l’arma
potrebbe riferirsi soltanto alla seconda visita di Giovanni (1672), perché all’epoca
della prima (1658) egli non era ancora cardinale. Per lo stesso motivo non può
riferirsi a Daniele, che visitò Verona nel 1740, e quindi 7 anni prima di
ricevere la porpora. Secondo me l’arma è quindi di Giovanni Dolfin e risale al
1672 o poco dopo.

83 PELLEGRINI
(CHIOSTRO DUOMO) (foto 17-18)
84 DIONISI
(CHIOSTRO DUOMO) (foto 19-20)
Famiglia di cui
abbiamo già parlato diffusamente qui https://bianchetti-araldica.blogspot.com/search?q=dionisi
. Ora integriamo con questo stemma presente nei chiostri del duomo menzionata dal De Betta.
85 BUTTURINI
(CHIOSTRO DUOMO) (foto 21)
Di quest’arma
che un Domenico Butturini fece scolpire sulla lastra tombale della moglie
Angela, ho parlato durante il mio intervento del 19 Febbraio u.s. in Sabbio
Chiese dal titolo “Tre monti…l’un sull’altro” che sarà pubblicato a breve su
academia.edu (cosa di cui darò conto nel Caffè e nel blog Quaderni Araldici).
86 IGNOTO (INGRESSO AL CHIOSTRO DEL DUOMO) (foto
22)
Al n. 64
degli stemmi ignoti, il De Betta parla di quest’arma “in rilievo sull’arco del
volto che mette al chiostro del Duomo”. Dice che ve ne sia uno anche nel
pavimento della chiesa di S. Elena al Duomo dedicata ai Cappellani e capitolo
dei Canonici. Io non l’ho notato.
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