lunedì 19 giugno 2017


JOHANNES HINDERBACK E LA VICENDA DEL SIMONINO (Spoleto, Stenico -TN- e altro).
L’anno scorso a fine Luglio, visitavo la chiesa di San Ponziano in Spoleto. Rimanevo assai sorpreso, quando, tra gli affreschi della cripta, scorgevo una rappresentazione del Simonino di Trento, con tanto di consueto stemma di fantasia, richiamante gli strumenti del martirio (foto 1-2: Simonino in San Ponziano, Spoleto





. Foto 3: frontespizio del libro di Ambruogio Franco, cfr bibliografia, presente in    https://books.google.it/books?id=o0hlAAAAcAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false).



Mai avrei pensato di trovarne una così lontana dal luogo originario della vicenda (e in realtà poi ho letto che quella di San Ponziano è la testimonianza pittorica più meridionale e qui tralascio di dire delle corrispondenze tra diffusione del culto del Simonino, presenza di comunità ebraiche, Monti di Pietà, ecc.). Simonino era un bambino di Trento, che nel marzo del 1475 all’età di due anni subì una morte atroce, probabilmente ad opera di un maniaco, forse tal Giovanni Schweizer (si confronti ad esempio qui http://www.stilearte.it/beato-simonino-nellarte-quel-bambino-seviziato-da-maniaci-e-ucciso-nel-1475/) o che perse la vita a causa di una disgrazia. Il caso fu montato in brevissimo tempo in chiave anti-ebraica ed infatti alcuni ebrei della comunità trentina furono condannati a detenzione, tortura e morte per il delitto di quello che da allora in poi fu chiamato San Simonino per secoli. Ricordo che da ragazzino, (anni ’80 o giù di lì, il secolo è quello scorso…) quando accompagnavo mio padre a Trento (lui ci andava per lavoro) l’attuale Via del Simonino era ancora indicata come Via San Simonino. Come mai il fatto subì una diffusione incredibilmente rapida, capillare e duratura? Rapida: si pensi che l’affresco di Spoleto è di soli sei anni più tardo rispetto alla data del crimine. Capillare: qua da noi in Val Sabbia, nel Bresciano in generale, nel Trentino, ma in tutto il Nord in generale, anche in chiese minori, disperse e lontane dai grandi centri è diffusissima l’iconografia relativa, e quasi sempre costante nei suoi elementi, anche, come detto, araldici. Tutto ciò fu dovuto alla predicazione francescana e, come comprovato in alcuni casi, alle testimonianze itineranti della stessa madre della piccola vittima. Duratura: ci sono affreschi e quadri più recenti anche di secoli, anche se col passare del tempo l’iconografia tende a modificarsi, passando da quella “cruda” che descrive il martirio, ad una più sublimata e ieratica che rappresenta il “santo” trasfigurato quasi come un Gesù dopo il calvario e la resurrezione. Si legga poi la già menzionata opera dell’Ambruogio Franco, dedicata alla baronessa di Madruzzo Elisabetta Von Volkenstein, e citata anche in bibliografia, per capire come a distanza di più di centodieci anni, il livore anti-ebraico e l’assoluta mancanza di critica per come furono portate avanti le indagini –tanto sospette da meritarsi un’ispezione papale e le proteste contro le loro conclusioni di almeno uno dei Commissari papali - fosse ancora vivissimo). La domanda ha una risposta, e la risposta è un nome: il vescovo-conte di Trento Johannes Hinderbach. Fu senza scrupoli la sua campagna mediatica, davvero un caso di “influenza da mass-media” ante-litteram. Pamphlet, propaganda a tappeto, pressioni, intralcio al lavoro degli incaricati papali, richiamo al clima anti-ebraico “predisposto” dalle predicazioni di Bernardino da Feltre…tutto purché la colpa ricadesse sui malcapitati ebrei trentini (e non che si potesse parlare di “invasione”: in tutto tre sole famiglie…). Per chi volesse approfondire la vicenda lascerò in calce un breve bibliografia, ché qui devo occuparmi più che altro della parte araldica. Hinderbach era totalmente affascinato dai moderni mezzi di comunicazione dell’epoca, e accoglie quindi del tutto favorevolmente l’introduzione in città della xilografia, mediante l’opera del sassone Albrecht Kunne. Questi nel 1475 dedica alla vicenda simoniniana la Geschichte des zu Trient ermordeten Christenkindes. In una delle xilografie presenti in buon numero nell’opera, viene rappresentata la scena in cui il clero trentino venera la salma del “beato”, posata su un altare su cui sono stati issati i simulacri che richiamano il suo martirio. In ginocchio, con tanto di pastorale il vescovo Hinderbach appare in atteggiamento adorante. Al suo fianco, posato a terra compare lo scudo con il suo stemma: un troncato, contenente nella prima sezione un unicorno nascente dalla partizione e in questo caso rivolto, e nel secondo un troncato cuneato allungato (in maniera desueta si sarebbe detto inchiavato in palo) e fiammeggiante (foto 4-5).




Di altre armi del prelato ci dà conto G. Maria Rauzi nel suo Araldica Tridentina (pag. 183, foto 6-7, riguardanti anche Castelvecchio e il Magno Palazzo in Trento).







La terza testimonianza araldica, l’unica, tra quelle qui proposte e per ora, visionata direttamente dal sottoscritto anche se la foto è dovuta a Giuliano Mario Pizzoni che ringrazio, è visibile nel castello di Stenico (TN) (foto 8-9-10-11),








simbolo del dominio dei principi vescovi in questa zona del Trentino, castello che deve i suoi principali rifacimenti a Bernardo Cles e Giovanni Hinderbach (non a caso sia l’uno che l’altro vantano nel castello medesimo la presenza dei loro stemmi). La quarta testimonianza ci dà conto anche degli smalti dell’arma vescovile (aiutandoci però un po’ con quanto dice il testo del Rauzi, visto lo stato degli smalti stessi). Si tratta di uno stemma presente nel bordo inferiore di una miniatura presente in un codice del 1466, che riporta il De cura Pastorali di Gregorio Magno ed è conservato nella Biblioteca Trivulziana di Milano con la segnatura 515 (foto 12-13).




La riproduzione che propongo è tratta dal libro Manoscritti e Miniature Il libro prima di Gutenberg (di Giulia Bologna, Fenice 2000 ed. Milano 1998, edizione del 1994, pag. 133). Nella descrizione si afferma chiaramente come il codice era copia di un altro, espressamente realizzata per il vescovo Joahnnes Hinderbach de Hassia eletto vescovo nel 1465, ma quando si passa a descrivere le armi, il testo diventa improvvisamente generico, parlando soltanto di “un medaglione con due stemmi”, negandosi una facile deduzione, non attribuendo i medesimi all’Hinderbach e a Trento (proprio la stessa –classica- abbinata presente in Stenico). Tutto ciò conferma come l’araldica fosse sino a poco -tempo fa (il libro come visto risale alla fine degli anni Ottanta) considerata, anziché validissimo strumento di indagine scientifica, quasi come mero apparato decorativo, non degno di indagini approfondite. Onestamente, oggi la situazione pare essere migliorata. Dalla miniatura possiamo quindi desumere il blasone completo dell’arma (si veda alla fine del testo) di questo vulcanico prelato definito in certi testi fine umanista e letterato. Non v’è ragione per mettere in dubbio tale parere decretato da esperti e studiosi. Di certo però il suo nome rimarrà legato a doppio filo ad una vicenda terribile, in cui, per causa sua, a soffrire indicibilmente e sino alla morte, nonostante l’innocenza, non fu solo il piccolo Simone.

Blasoni proposti: Troncato: nel 1° d’argento, all’unicorno inalberato di nero, lampassato di rosso e nascente dalla partizione; nel 2° troncato cuneato allungato e fiammeggiante di nero e di rosso. 
Troncato: nel 1° d’argento, all’unicorno di nero, nascente dalla partizione, inalberato e lampassato di rosso; nel 2° troncato cuneato allungato e fiammeggiante di nero e di rosso.

Nota extra-blasonica: Alle desuete locuzioni “liocorno” e “inchiavato in palo” ho preferito utilizzare “unicorno” e “troncato cuneato allungato”.                

Bibliografia

W.P. ECKERT, Il beato Simonino negli “atti” del processo di Trento contro gli ebrei, TEMI Tipografia Editrice, Trento, 1965.

VALENTINA PERINI, Il Simonino geografia di un culto, Società di Studi Trentini di Scienze Storiche, Trento 2012. Il libro tratta più che altro dell’aspetto artistico e storico-artistico scaturito dalla vicenda del Simonino. Per quanto riguarda la figura del vescovo Hinderbach e del suo feeling verso le nuove forme di comunicazione di massa, nonché del suo ruolo centrale nella diffusione del culto del Simonino, si confronti, sempre all’interno del libro della Perini: LAURA DAL PRÀ Ancora su Hinderbach e la “sua” creazione iconografica, con la riscoperta del ciclo simoniniano di S. Maria della Misericordia di Trento – Rivisitazione di una ricerca: Johannes Hinderbach “iconografo” e committente.

Martirio del beato Simone Trentino di messer AMBRUOGIO FRANCO da Arco, stampato in Trento per li fratelli Gelmini di Sabbio (“D’Arco, il XXV di Novembre 1586).  
https://books.google.it/books?id=o0hlAAAAcAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false. Si noti nel frontespizio stemma del tutto simile a quello presente in San Ponziano di Spoleto e in decine di altri casi.

domenica 18 giugno 2017

Passeggiate romane in bicicletta i prossimi 1 e 2  Luglio.  Tornano gli appuntamenti di "Ché Bici", con i tour araldici a cura di Maurizio Carlo Alberto Gorra. Fossi in voi e fossi in zona, non me li perderei.






giovedì 15 giugno 2017

CONVEGNO INTERNAZIONALE SULL'ARALDICA -ORIOLO ROMANO (VT) 13-14 Maggio 2017
I VIDEO
Ringraziamo il Centro Studi Araldici per aver approntato i VIDEO del Convegno di cui sopra. Ecco i link: