domenica 26 aprile 2020


VERONA (Sant’Anastasia, Sant’Elena in Duomo, Chiostro Duomo)


73 TOMASINI (S.ANAST.)       (foto 1-2)         
Di quest’arma il De Betta non dice nulla, nemmeno gli smalti. Anzi è ciò che non dice che è importante. In pratica riporta soltanto questo caso di Sant’Anastasia (è su un banco in legno), pertanto siamo praticamente certi che non esistano altri stemmi di questa famiglia nella città scaligera. “Alla fascia un po’ in sbarra” dice della seconda sezione del partito, intuendo un problema che si pone quando sbarre e bande (e non solo) sono “schiacciate” verso la posizione della fascia o “troppo in verticale” verso il partito e non riprodotte in posizione classica (45° rispetto alla  medesima pezza). Un modo elegante (non di mia invenzione, ci mancherebbe) e attuale per “cavarsela” è l’utilizzo del termine “banda/bandato a mo’ di fascia”, “sbarra/sbarrato a mo’ di fascia” (ma anche trinciato, tagliato a mo’ di fascia o di partito, ecc.). Dal punto di vista puramente estetico mi permetto di dire che nell’arma in questione la concomitanza tra una fascia e una banda a mo’ di fascia affiancate, genera un effetto visivo del tutto inelegante (ma è un giudizio solamente personale, che ovviamente non tiene conto di come le due sezioni del partito potessero essere un tempo, chissà, due stemmi separati. Anzi, proprio questo “inestetismo” me lo fa pensare.









74 BECUZIO (S.ANAST.) (foto 3)


Di questa testa di bue visibile nel vano che dalla chiesa porta in sacrestia, il Gianfilippi ci dice essere di rosso, in campo argento, cornuta di nero. Nulla si dice della lingua, probabilmente anch’essa di rosso. Quest’arma è di un Giacomo. La lapide a detta del De Betta è “antichissima”.









75 BOLDERIO? (S.ANAST.) (foto 4)


Di questa famiglia abbiamo parlato diffusamente almeno due volte.


https://bianchetti-araldica.blogspot.com/search?q=bolderio


 Questo giglio “di Firenze” quindi aperto e è espressamente citato dal De Betta. Altrove (e l’abbiamo visto) esso è riprodotto nella classica foggia “alla francese”. Questa famiglia aveva utilizzava anche altre armi tra cui, come già incontrato, un’aquila (era proprietaria di un palazzo detto dell’aquila dei Boldieri, che il De Betta agli inizi del ‘900 individua nell’Hotel due torri). Non so dire se sia quello attuale (la sua collocazione e il fatto che sia un palazzo storico mi fa pensare che sia così https://hotelduetorri.duetorrihotels.com).


 




 


 


76 MALASPINA (DUOMO)  (foto 5)


Lapide su pavimento datata 1437. Si veda anche https://bianchetti-araldica.blogspot.com/search?q=malaspina







 


77 (ZENO) PELAGALLI (S. ELENA AL DUOMO)  (foto 6-7-8)


Arma parlante quasi coeva della precedente (1433). 









78  CIPOLLA (S. ELENA AL DUOMO) (foto 9-10)


Citata dal De Betta insieme ad altri esemplari veronesi. Questa è del 1491).  Abbiamo già fatto dei riferimenti a questo tipo di arma in ambito veronese (si cerchi Cipolla, Ravani, ecc.)








 


79 IGNOTO (variante CENDRATA?)  (S. ELENA AL DUOMO)  (foto 11)
Il De Betta lo classifica ignoto (n. 18) e già ai suoi tempi molto corroso. Credevo trattarsi di un bue ma l’araldista ci informa che si  è di fronte ad un ELEFANTE e che “vi si vedono delle piante molto corrose” che oggi non si scorgono più. Il riferimento alle piante mi induce cautamente a paventare l’ipotesi potesse trattarsi di un’arma Cendrata della quale il De Betta stesso riporta alcune descrizioni con varianti minime, una delle quali parla di un elefante passante su un terrazzo e attraversante una pianta (Gianfilippi). E’ solo un’ipotesi, ma forse rinforzata dal fatto che uno stemma Cendrata era stato annoverato come molto corroso (già ai suoi tempi) ma ancora visibile proprio in Sant’Elena in Duomo. Doveva essere un altro rispetto a questo, che, ricordiamo, è classificato come ignoto dall’araldista, ma insomma, due indizi ci sono…






 


79 (Francesco) CALIARI (S. ELENA AL DUOMO)  (foto 12)


Stemma citato dal De Betta. Di tutti questi stemmi di S. Elena al Duomo l’autore dice: “bellissimo”. E io gli do ragione.




 


80 (Agostino) FONTANA DI PIACENZA (S.ELENA AL DUOMO) (foto 13)


Di rosso, alla croce scaccata d’argento e d’azzurro dice il Crollalanza dell’arma di questa famiglia (come riporta il De Betta).




 


81 ARBOSELLI (S. ELENA AL DUOMO (foto 14-15)


D’oro, allo scaglione di rosso, accompagnato da tre alberelli sradicati di verde (qualcuno dice anche fruttiferi di…? e qualcun altro asserisce siano pioppi. Il termine fogliato lo ometto perché trattasi della norma e va inserito nel blasone per indicare foglie di smalto diverso dal resto, cosa che qui non possiamo sapere). Il titolare fu canonico in Verona. Il De Betta indica come data dello stemma MDVII. Si noti il cimiero con un leone che tiene nelle branche anteriori un alberello simile a quelli inseriti nell’arma.



 


 



82 GIOVANNI DOLFIN, PATRIARCA DI AQUILEIA (REALIZZAZIONE DAL 1672. Probabile esclusione di altri due Dolfin patriarchi di Aquileia: Daniele e Dionisio)  (S. ELENA AL DUOMO) (foto 16)


Situazione complicata. Il De Betta ci parla di un altro stemma simile, presente in Duomo, ma “sul tutto” di quello  si trova una scala a pioli (sic) posta in banda. L’autore dice che “il sul tutto è dei Gradenigo, ma i quattro quarti non so di chi sia (sic)”. Poi però cita il Coronelli (Arme, blasoni, ecc della Serenissima Repubblica Veneta) che indica come arma Gradenigo TUTTO l’inquartato  qui presente (nella versione del Duomo del De Betta e nella descrizione del Coronelli, il castello del 2 quarto è attraversato da una banda che qui è omessa) il che è un grosso errore.  L’inquartato è infatti relativo al patriarcato di Aquileia: inquartato, nel primo e quarto d’azzurro all’aquila d’oro (Aquileia), nel secondo di rosso al castello merlato attraversato dalla banda d’azzurro caricata di un ramoscello di quercia, o di vite (san Vito al Tagliamento), nel terzo di rosso alla croce di Sant’Andrea d'argento(San Daniele).  San Vito e San Daniele risultano essere gli antichi confini del patriarcato (dal 1509 ai patriarchi fu lasciata la signoria di Codroipo, San Vito e San Daniele) . Tra essi, come Dolfin, appaiono Giovanni, Dionisio e Daniele che consecutivamente ricoprirono tale carica: 1657/1699, 1699/1734, 1734/1751. Nessuno di loro fu mai nominato vescovo di Verona, ma uno di essi potrebbe aver lasciato testimonianza araldica di una sua visita (Aquileia aveva giurisdizione sul Capitolo di Verona). Segnaliamo che Daniele (1734/1751) fu l’ultimo patriarca di Aquileia e primo arcivescovo di Udine.   Qui http://www.archiviodiocesano.it/2010/10/22/capitolo-di-verona/  troviamo testimonianza di due visite di Giovanni (1658 e 1672) e di una di Daniele (1740, data in cui tenne anche l’ultimo sinodo diocesano aquileiese) che escluderebbe quindi il solo Dionisio). Il galero che appare nell’arma è rosso, quindi cardinalizio (sempre che venisse rispettata tale “consegna” al momento della realizzazione dell’arma): Giovanni fu proclamato cardinale il 18/7/1667 quando era già Patriarca, mentre Daniele lo fu dal 10/4/1747 (anche lui già patriarca). Incrociando le date quindi, l’arma potrebbe riferirsi soltanto alla seconda visita di Giovanni (1672), perché all’epoca della prima (1658) egli non era ancora cardinale. Per lo stesso motivo non può riferirsi a Daniele, che visitò Verona nel 1740, e quindi 7 anni prima di ricevere la porpora. Secondo me l’arma è quindi di Giovanni Dolfin e risale al 1672 o poco dopo.






 


 


83 PELLEGRINI (CHIOSTRO DUOMO)  (foto 17-18)


Stranamente il De Betta non cita questo esemplare di stemma Pellegrini, famiglia di cui abbiamo già parlato (https://bianchetti-araldica.blogspot.com/search?q=pellegrini).





 


84 DIONISI (CHIOSTRO DUOMO) (foto 19-20)


Famiglia di cui abbiamo già parlato diffusamente  qui https://bianchetti-araldica.blogspot.com/search?q=dionisi . Ora integriamo con questo stemma presente  nei chiostri del duomo menzionata  dal De Betta.


 





85 BUTTURINI (CHIOSTRO DUOMO) (foto 21)


Di quest’arma che un Domenico Butturini fece scolpire sulla lastra tombale della moglie Angela, ho parlato durante il mio intervento del 19 Febbraio u.s. in Sabbio Chiese dal titolo “Tre monti…l’un sull’altro” che sarà pubblicato a breve su academia.edu (cosa di cui darò conto nel Caffè e nel blog Quaderni Araldici).




 


86  IGNOTO (INGRESSO AL CHIOSTRO DEL DUOMO) (foto 22)


Al n. 64 degli stemmi ignoti, il De Betta parla di quest’arma “in rilievo sull’arco del volto che mette al chiostro del Duomo”. Dice che ve ne sia uno anche nel pavimento della chiesa di S. Elena al Duomo dedicata ai Cappellani e capitolo dei Canonici. Io non l’ho notato.





giovedì 2 aprile 2020


VERONA


(San Giovanni in Foro, San Lorenzo foto 2014, tranne San Bernardino: foto 17 maggio 2018)


 


SAN GIOVANNI IN FORO : 70 STEMMA RIZZANI


(foto 1 2 3): Abbiamo appena visto nel post precedente lo stemma Rizzardi (con un riccio passante sostenuto da un fasciato, stemma in Piazza Bra), ora un altro riccio, quello di Benedetto Rizzani. Non c’è accordo tra i blasonisti né in merito agli smalti né alle figure. Il Gianfilippi parla di un d’azzurro al riccio di nero, passante su di un terrazzo posto in banda di verde (o forse meglio: “il tutto al naturale”). Il Verza invece ci narra di un trinciato, che è quello che si vede in San Giovanni, d’argento e di verde, col riccio di nero. Ricordiamo che sempre da San Giovanni vengono gli ultimi due stemmi visti nel post precedente (sarcofago Pietramala/Castelbarco)


 


SAN BERNARDINO 71  STEMMA RIZZONI (MORANDO)


(foto 4 5) Per completezza, anticipo una foto da San Bernardino (17/5/2018), complesso che a Dio piacendo verrà trattato in futuro. Altro riccio, altra famiglia: Rizzoni. Il De Betta fa una confusione incredibile e inestricabile tra rimandi a Morando, Rizzani/Rizzoni, Guagnini, Guarini senza che se ne possa venire a capo. Solo nella sezione delle tavole ci si riferisce correttamente ad uno stemma Morando/Rizzoni.


 


SAN LORENZO: 72 STEMMA VESCOVO ERMOLAO BARBARO/MATTEO CANATI


(foto 6, imm.7) Iniziamo con gli smalti: famoso il d’argento, al ciclamoro di rosso dei Barbaro; mentre per i Canati (di Vicenza, ci informa il Crollalanza) abbiamo un d’oro al levriero rampante di rosso, collarinato d’argento, alla banda diminuita dello stesso, attraversante e caricata di tre stelle di otto raggi di…? (il Crollalanza e tantomeno il De Betta che copia male il suo blasone non accennano a stelle). Il Fugger bsb cod. icon 276 come spesso accade non accorre in aiuto, restituendo uno stemma diverso,  eccezion fatta per il levriero di rosso, si veda fig. 7). Del Canati/Canato, rettore commendatario della chiesa e suo generoso restauratore/innovatore, nonché vescovo di Tripoli  si parla assai diffusamente qui https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=1&ved=2ahUKEwiOrO_hzsnoAhUT5aYKHYW0CLsQFjAAegQIAxAB&url=http%3A%2F%2Fdspace.unive.it%2Fbitstream%2Fhandle%2F10579%2F11977%2F956120-1194823.pdf%3Fsequence%3D2&usg=AOvVaw07USas_QRIRq .iabqbuF-PQ (pdf scaricabile. A pag. 31 si cita espressamente lo stemma senza aggiungere elementi nuovi e si accenna anche ad una vera da pozzo sempre in San Lorenzo, fig. 11 e 12 nel testo in questione), ma stranamente non se ne parla qui http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/lac3.html . Nel testo in pdf appena citato si dice come dal 1460 egli diventasse vicario del veneziano Ermolao Barbaro che assunse la carica di primate della chiesa nel 1453. Lo stemma parrebbe un troncato. Da un’arma di dipendenza (quindi contenente come omaggio del beneficato –il Canati-, parte o tutto dell’arma del concedente il beneficio –il Barbaro-) mi aspetterei di vedere più un’arma Canati con lo stemma Barbaro nel “capo”. Forse si tratta di un capo abbassato (nell’accezione di un capo più “ampio” del normale, cioè costituito da più di un terzo orizzontale del campo dello scudo) e forse ancora la fotografia scattata assai più in basso rispetto alla collocazione del manufatto può trarre ulteriormente in inganno in tal senso.            
Di Ermolao troviamo invece notizie anche qui http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/lab3.html