venerdì 16 maggio 2014

Si fa presto a dire "pesce" (ed è questo il motivo per cui ho riportato in alto una conversazione del 24 settembre). Spesso di fronte ad alcuni stemmi non si può far altro che definire genericamente alcune figure, ignorandone la "storia", magari il nome dialettale (forse anche andato perso con il tempo), un'allusione, un aneddoto, una vicenda. Ne parlavo tempo addietro per lo stemma dei Chizzola  :... chi non conoscesse le chizzole come focacce, potrebbe ben parlare di bisanti per lo stemma in questione...
E così oggi mi sono imbattuto nello stemma di Ruovesi, un comune finlandese. Tre "pesci" per l'appunto. E invece tali pesci sono conosciuti come "abramidi" e come tale andrebbero blasonati. Ma per una cosa che "scopri" quante te ne restano celate? L'araldica è una materia fantastica e ti costringe a ricercare in campi che all'inizio nemmeno ti sogneresti di indagare (e magari nemmeno ti interessano direttamente). Una buona giornata a tutti. (foto: comune di Ruovesi, stemma/ Abramide).



lunedì 12 maggio 2014

PELIZZARI-VINGI: AGGIORNAMENTO-SECONDA E ULTIMA PARTE: LA QUESTIONE DEL TERMINE "VINGI": SOPRANNOME FAMILIARE O PERSONALE?
Vi è poi da risolvere la questione, ben più importante e assai più interessante dal punto di vista araldico e di cultura generale: Il termine “Vingi”, può essere considerato un soprannome familiare storico, al pari di tantissimi altri che sin dalle prime registrazioni cinquecentesche compaiono puntualmente (se non con precisione matematica) negli atti di nascita, matrimonio e morte di centinaia di soggetti e che, in alcuni casi, sono tuttora perduranti a livello di trasmissione orale? Credevamo di sì, ma se dovessimo basarci su quanto ritrovato (o meglio: non ritrovato) durante le nostre ricerche, dovremmo ora rispondere di no. Il termine in questione, infatti, si ritrova, con nostra grande sorpresa, soltanto in due atti di morte di altrettanti cugini, morti a distanza di due giorni, nei primi anni del Novecento. E poi il nulla, né dopo, né nei quasi cinquecento anni di atti precedenti, consultabili nell’anagrafe parrocchiale. E questo, ribadiamo, mentre altri soprannomi familiari danno traccia di sé costantemente in tutto questo enorme lasso di tempo. Ci verrebbe da concludere come “Vingi” non fosse, almeno in origine, che un soprannome personale dei due cugini summenzionati, introdotto quindi soltanto in tempi relativamente recenti. Il fatto poi che esso compaia (“suddiviso” in “Vingio de sura”, in un caso, e “Vingio de sot” in un altro) soltanto nell’atto di morte dei due soggetti, potrebbe avvalorare l’ipotesi di nomignolo personale “ereditato” durante la loro vita, e quindi inesistente all’epoca della loro nascita e, stando agli atti cartacei, anche a quella dei rispettivi matrimoni (o se già esistente in questo secondo caso, ritenuto irrilevante, al contrario dei soprannomi familiari sempre considerati importantissimi e per questo quasi costantemente specificati). Ulteriore conferma potrebbe venire dal fatto che in una delle due registrazioni di morte, quella della persona denominata “Vingio de sot”, compaia tra parentesi anche un altro “soprannome”, vale a dire “Zanì”. Ma se è pur vero che tale secondo soprannome si ritrova spesso in altre registrazioni come soprannome familiare, va anche aggiunto come esso riguardi il cognome Rizzardi, non presente nel ramo ascendente del soggetto, e non Pelizzari, e che quindi in questo caso potrebbe essere stato utilizzato come ulteriore soprannome personale (o riferentesi magari all’ascendenza materna: i Laffranchi di Bione). In aggiunta e conclusione si potrà poi annotare come sia curioso che “Vingio”, sdoppiato in “de Sura” e “de Sot”, riguardi sì due cugini (e come detto, nessun avo o discendente di questi), morti praticamente nello stesso momento, ma non sia mai abbinato ad un fratello di uno dei due (esattamente di quello soprannominato “Vingio de Sura”), nato nove anni prima e deceduto tredici anni dopo di lui e di cui abbiamo seguito la linea discendente, né ancora (almeno negli atti di nascita) ad alcuno dei restanti otto fratelli.
Questo il quadro che si può trarre dall’esame degli atti presenti nell’archivio storico parrocchiale di Idro. Naturalmente, spuntasse fuori altra documentazione, magari più antica, che attestasse come “Vingi” fosse un epiteto utilizzato in maniera diffusa in atti riferentesi a persone diverse, si dovrebbe ammettere che tale termine fosse utilizzato per identificare un intero ramo familiare. In fondo, tale evenienza sarebbe la più logica da supporre, stante la persistente e a noi contemporanea memoria “orale” del termine e la presenza massiccia di antenati dei due “Vingi” recanti il nome di Virgilio/Virginio (uno di essi era pure il padre/zio dei due cugini di cui qui si è trattato), se si voglia ammettere per un attimo la dipendenza del nomignolo da tale nome di battesimo*. In questo caso quindi, le nostre considerazioni dovrebbero essere cassate ed essere ritenute non valide nelle conclusioni. Ma rimarrebbero come “spia” di una pratica –quella cioè della puntuale registrazione nelle trascrizioni anagrafiche da fine Cinquecento sino quasi ai nostri giorni, dei soprannomi familiari- che in questo caso sarebbe stata sistematicamente disattesa con motivazioni per noi del tutto inspiegabili e sconosciute, nonché in piena controtendenza con l’uso generale.
*Segnaliamo la presenza in Idro, per breve periodo, del cognome Vengien/Vangien. Poiché è comprovato che esso nulla abbia a che fare con quello dei Pelizzari, l’accostamento Vengien/Vingi andrebbe ben oltre l’azzardo e sviscerare ipotesi che potessero in qualche modo giustificarlo, sarebbe esercizio del tutto gratuito e privo di fondamento scientifico.
Nelle foto: i documenti genealogici da me approntati al termine della ricerca di archivio effettuata da Marzo a Maggio 2014. (in uno di essi, in verde, si può intravvedere la scritta Vingio de sura e Vingio de sot, riferita ai due cugini (e solo a loro) di cui si parla nel testo.









venerdì 9 maggio 2014

AGGGIORNAMENTO SULL'ARGOMENTO PELIZZARI-VINGI (SI VEDA IL PRIMO POST DI SETTEMBRE 2013).

PRIMA PARTE: UN DOCUMENTO RECENTE RITROVATO IN ARCHIVIO PARROCCHIALE:  "L'AVA MATERNA"

Nota: tanto questa come la seconda sezione (che tratterà del problema -per me più interessante-che suscita il termine "Vingi" ) costituiscono in pratica una parte dell'appendice del mio libro sullo stemma civico di Idro  "Ne la quarta de Sancto Michele". Riconosco che questo e il prossimo post costituiscono uno scivolamento nel campo della genealogia ma  è scivolone che  commetto soltanto in quanto si parla dell'unica famiglia idrense di cui si conosca lo stemma storico.
Abbiamo visto in Settembre cosa dice il Della Corte nel suo "Armerista",
ma qualcosa di più importante possiamo aggiungere riguardo a questa famiglia, grazie ad un nostro ritrovamento in archivio parrocchiale. All’interno di un faldone rinvenivamo  infatti una fotocopia de “I discorsi di Pio IX al patriziato e alla nobiltà romana nei mesi successivi alla presa di Roma”, un breve saggio a firma Guglielmo de’ Giovanni di Precacore che occupa le pagine dalla 33 alla 39 di un periodico che ci sarebbe rimasto sconosciuto se un riquadro posto alla fine del testo non fosse accorso in nostro aiuto: si trattava di un numero risalente al 1978 (non se ne poteva dedurre il mese esatto) della Rivista Araldica. Le sette pagine, zeppe di sottolineature, inneggiano al sodalizio istituitosi tra la nobiltà romana ed il pontefice  contro i Piemontesi ai tempi della breccia di Porta Pia, ma ciò che veramente interessa a noi sono le note manoscritte presenti nelle prime tre. Da esse si evince come i Pelizzari alias Vingi fossero «Conti di Castel d’Idro e del S. R. I., Patrizi Veneti, Cav. d’Onore e di devozione del S. M. O. di Malta e di Grazia e Giustizia del S. M. O. Angelico Costantiniano di San Giorgio, eletto a Ente Morale dal Capo dello Stato nel 1973.». Detti «cavalierati di Malta e di San Giorgio sono stati ereditati dall’Ava Materna donna Maria-Adelaide-Amalia-Sofia dei Pelizzari e l’autorizzazione è stata data con rescritto del 26 ottobre 1947 da S. M. Vittorio Emanuele III che ha conservato la Regia Prerogativa sull’art. 79 del Regno, essendosi il Governo Repubblicano disinteressato di Materia Araldica, limitandosi a non riconoscere i titoli nobiliari ed ad autorizzare la cognomizzazione dei predicati.». Ai meno esperti gioverà sapere che S. M. O. sta per “Sovrano Militare Ordine” nel caso di “Malta” e “Sacro Militare Ordine” in quello di “San Giorgio”; nonché che  S. R. I. sta per “Sacro Romano Impero”; e anche  come per “predicato nobiliare” si intenda quell’attributo (località geografica anche non reale, come potrebbe essere il “Castel d’Idro” appena incontrato, una carica, ecc.) che si può aggiungere ad un titolo nobiliare o a un cognome, introdotto dalla preposizione “di” o “de”. La “cognomizzazione” di tale “predicato” è prevista dalle già incontrate disposizioni transitorie e finali della Costituzione, nell’art. XIV (comma 2) nelle quali si enuncia appunto come i predicati dei tioli nobiliari esistenti prima del 28 Ottobre 1922 valgono come parte del nome.

Le aggiunte a penna non sono firmate, ma non abbiamo difficoltà a riconoscerne l’autore, scomparso da tempo, e non solo perché nella stessa cartella abbiamo ritrovato ulteriori suoi scritti (di tutt’altro contenuto) da lui sottoscritti, ma soprattutto in quanto del medesimo riconosciamo lo stile, ne ricordiamo la cultura, la grande preparazione in questo e altri ambiti, la sua dedizione allo studio; sappiamo per sua antica ammissione come egli fosse un discendente dei Pelizzari (e il riferimento all’”ava materna” in queste righe è indicativo) e infine ricordiamo perfettamente quando, ancora in vita, tenne una lezione sull’argomento, in occasione di una sua supplenza (era insegnante di lettere). Non siamo esperti di diritto nobiliare per cui non entriamo nel merito delle note da lui vergate, dell’attuale validità o meno di quanto scritto, né vogliamo prendere una parte. Semplicemente riferiamo quanto da noi ritrovato, ricordando che, se non andiamo errati, i gradi di Cavaliere (in realtà di “Dama”, visto che la titolare era una donna) di Giustizia (per “San Giorgio”) e di Onore e Devozione (per “Malta”) richiedono prove di nobiltà. Poniamo qui, tra l’altro, il dubbio se essi siano trasmissibili, soprattutto per linea femminile, o se non siano piuttosto titoli del tutto personali. Aggiungiamo solo che l’”Elenco Ufficiale Nobiliare Italiano riporta soltanto i Pelizzari Conti di Meduna, che crediamo nulla abbiano a che fare con gli omonimi idrensi, ma anche questo di per sé non è un dato dirimente: pare siano numerosi i casi di famiglie titolate non presenti in tale elenco e altrettanto numerosi i motivi di tali lacune* Ma certo è che una nostra approfondita ricerca genealogica condotta in archivio parrocchiale non ci ha restituito alcuna Maria Adelaide Amalia Sofia, nel ramo materno diretto dell’autore dello scritto. Semmai è presente eccome una Maria, ma per l’appunto una “Maria” tout court e nient’altro, e questo accade sia nel suo atto di nascita, che in quello di matrimonio e di morte, nonché nelle citazioni del nome presenti nelle registrazioni riguardanti i suoi discendenti. Ricordiamo inoltre, a tal fine, che i doppi –e talvolta anche tripli- nomi erano riportati, sin dall’epoca delle prime annotazioni, in maniera precisa e puntigliosa. Tale nome composito tra l’altro, non ricorre nemmeno in alcuna registrazione di rami collaterali (e non diretti) del soggetto né, crediamo di poter dire, in alcuna registrazione anagrafica storica presente nell’archivio idrense. (Nella foto  le note scritte a penna, da me ritrovate in archivio da cui ho tratto questa prima parte).
*: Per una rapida disamina sulla questione, chi vorrà potrà trovare numerose discussioni anche in rete (un esempio in tal senso può essere dato da http://www.iagiforum.info /viewtopic.php?f=7&t=5156).