domenica 25 marzo 2018


VERONA  CIMITERO MONUMENTALE LATO INGENIO CLARIS (FOTO DEL 20 FEBBRAIO 2018): 11 WAGNER “EX NOGAROLA”  12 BERNINI 13 PEREZ 14 ORTI-MANARA (FOTO 18: DA SANTA MARIA DELLA SCALA: STEMMA MANARA)


11) WAGNER (foto da 1 a 6). Il De Betta non lo cita. Lo fa per un monumento Nogarola presente proprio nel cimitero in questione, ma dice che l’arma è in pietra azzurra con le bande doppiomerlate d’oro, cosa non confermata dalle mie fotografie. Nella lastra posta ai piedi del monumento si annota “ex Nogarola”: non ho capito se ciò indichi che il sepolcro citato dal De Betta sia stato riadattato successivamente per i Wagner. Uno stemma Nogarola comunque è visibile in alto a sinistra del sepolcro medesimo (foto 3-5).

12) BERNINI (foto 7-8-9) citato dal Bernini il quale parla di un Paolo, che non è riportato nel monumento (foto 7).
13) PEREZ (foto 10-11-12-13). E’ il monumento di Francesco Maria, traslato nel 1940 da S. Maria della Ghiaia. Altri stemmi Perez sono comunque riferiti dal De Betta (che non cita questo). Le varianti sono molte (questo è più “complicato” con l’inserimento delle mura (?) merlate alla ghibellina e del leone. Gli elementi costanti sono le stelle (anche se disposte variamente) e naturalmente il parlante albero di pero.
14) ORTI MANARA (14-15-16-17) / MANARA (18 DA SANTA MARIA DELLA SCALA)
Il De Betta non cita questo monumento, ma ovviamente altre testimonianze sia di Orti che di Manara. Tra queste annota anche quella da me fotografata (foto 18) sulla portina che dà alla sacrestia di S. Maria della Scala. L’autore descrive un’ascia ma preferisco pensare a una parlante mannaia; relativamente al cimiero poi sostiene che la figura umana impugni una corda, ma mi pare evidente sia un breve contenente un tempo un motto, del quale si scorgono ancora alcune lettere.






















domenica 18 marzo 2018

VERONA  CIMITERO MONUMENTALE LATO INGENIO CLARIS (FOTO DEL 20 FEBBRAIO 2018): 10 ALLEGRI-ZORZI
Ecco l’altro stemma che merita un post a parte. Il perché è presto detto e discende puramente da un aspetto “affettivo” e personale: è il primo stemma che ho memorizzato, e che compare nella prima pagina del primo stemmario (online) che abbia mai consultato, vale a dire il famoso (e per certi aspetti famigerato) Insignia Nobilium Veronensium, Vicentinorum BSB COD. ICON 276 della Bayerische Staatsbibliothek. Francamente non pensavo ne avrei mai visto uno “vero”. Il De Betta conosce questo monumento funebre e si stupisce (ce lo fa intendere attraverso l’uso di tre punti esclamativi) del fatto che nella fascia siano presenti, non sette stelle ma sette “pallottole” (lui le definisce così). Il BSB276 ci restituisce le stelle, ma solo sei e senza alcuna traccia di fascia. Il DeBetta parla di quest’ultima come formante sette quadrati caricati ciascuno da una stella di sei raggi: in realtà (FORSE) vorrebbe spiegare trattarsi di una fascia dall’uno all’altro che quindi scambia gli smalti alternati con quelli dei pali che attraversa. La cosa è spiegata male da lui e resa malissimo dal monumento funebre. Nel BSB276 potremmo parlare di un palato d’argento e d’azzurro, a sei stelle di otto raggi, poste in fascia e dell’uno nell’altro. Nel monumento funebre , ciò che si vede (ciò che io vedo) è un d’azzurro a tre pali d’argento, alla fascia attraversante e caricata da sette quadrati, caricati a loro volta da altrettante piccole palle (si potrebbe aggiungere il tutto d’argento, ma sarebbe forse voler dare troppo valore ad una semplice ed evidente omissione di tratteggi, invece presente nei pali e nel campo). Quello che forse si voleva rendere invece potrebbe essere un d’azzurro a tre pali d’argento, alla fascia attraversante dall’uno all’altro, caricata da sette piccole palle dell’uno nell’altro.  Il de Betta dà altre versioni dell’arma, presenti in Verona, tra cui un Allegri-Luccini ove compaiono i lucci “parlanti” di quest’ultima famiglia.  
Passando all’altra arma del monumento, cioè quella Zorzi, il De Betta dice che non è blasonata da alcun autore e pertanto lui la ritiene “arbitraria”  Si tratta di un leone, sostenente* con la branca anteriore destra una sbarra centrata, bordata, diminuita e rialzata, sormontata da tre stelle di sei raggi, poste nel verso della pezza e a piombo (*mi pare ci sia contatto tra sbarra e zampa, non credo volontario, ma dovuto a errore esecutivo). Ciao a tutti e…Allegri che è Domenica. 











mercoledì 7 marzo 2018


VERONA  CIMITERO MONUMENTALE LATO INGENIO CLARIS (FOTO DEL 20 FEBBRAIO 2018): 9 DE  BETTA



Post poco scientifico, quasi sdolcinato, almeno nella prima parte. Tant’è. Il momento per me lo merita, come merita che di lui si scriva in un paragrafo esclusivo (l’avevo annunciato nel primo intervento su questa collana di stemmi del Cimitero monumentale di Verona,c he per un paio di “tombe” avrei sospeso la carrellata comune con due post “singoli”).

L’avessi saputo, sarebbe stata comunque una bella emozione. Immaginatevi a non saperlo. Tra qualche milione di nomi incisi su svariate migliaia di tombe, trovarsi totalmente a caso e dopo neppure venti minuti di visita, di fronte alla lapide commemorativa dei De Betta Inama di Castel Malgolo e su quella, scorgere quasi subito il nome di Ottone de Betta è stata davvero una cosa toccante, quasi scioccante, come fosse stato un richiamo. Immagino che chi abbia letto qualcosa dei miei post veronesi, che pubblico da circa tre anni a questa parte, sappia di chi stia parlando. E’ l’autore di quella raccolta, di inizio Novecento, di stemmi presenti nella città di Verona, dalla quale Giorgio Giulio Sartor ha tratto qualche anno fa il libro che quotidianamente o quasi consulto per i post di cui sopra. Un incontro (permettetemi di chiamarlo così) baciato dal silenzio assoluto di quelle poche e fredde ore mattutine passate nel Monumentale di Verona. Avrei voluto sostare per molto più tempo, senza proseguire oltre.

Ottone, che riporta nel suo stemmario più di settanta stemmi presenti nel camposanto vicino all’Adige, non poteva certo enumerare in esso anche la lapide commemorativa della sua famiglia, di origini trentine. I De Betta furono insigniti di nobiltà per i servigi resi, da Ferdinando I nel 1525 (nella persona di Bonifacio Betta con diritto di successione del titolo). Divennero possessori della torre di Malgolo nel 1584, alla morte di Bona Concinì, moglie di Pantaleone Betta, capostipite quindi del ramo di Malgolo, e cameriere d’onore del principe-vescovo Madruzzo. Fu il padre di Ottone (Edoardo, 1822-1895) a introdursi nella nobiltà veronese dal 1848, quando entrò in possesso dei vasti possedimenti del conte Giovanni Battista Orti-Manara, una volta morta la moglie di questi, e cugina di Edoardo, Teresa. La figura di Edoardo risulta fondamentale per un altro motivo: l’anno dopo (1849) sposa infatti a Trento Maria de Inama (figlia della Contessa Martini di Calliano e del nobile Virgino Inama di Campostellato) cosa che gli agevola l’inserimento nella nobiltà trentina. Come si vede anche nella lapide veronese, da allora il cognome Inama, accompagna costantemente quello De Betta.    (Notizie tratte da Ottone de Betta, Armerista veronese, a cura di G. G. Sartor, Iago ed., 2014. “Note storiche sulla famiglia De Betta” di Marco Pasa).





sabato 3 marzo 2018


Carissimi, nel corso dell’Assemblea Generale Annuale dell’Accademia Italiana di Studi Numismatici (fondata nel 1996) tenutasi in Bologna il 14 Ottobre scorso, è stato deliberato di ammettere come nuovo Accademico Maurizio Carlo Alberto Gorra. Questi non è soltanto uno dei più valenti esperti in materia araldica (e non solo) nazionale e internazionale, ma, e qui attacco con la nota personale, anche colui al quale devo tutto ciò che so (e, a Dio piacendo, saprò) in tale ambito. Chi lo conosce non può smentirmi: la sua vastissima conoscenza è seconda soltanto alla sua disponibilità e al piacere della condivisione della medesima, cosa che si addice a figura ormai rarissima in ambito culturale: quella del “maestro”. Ecco perché ogni riconoscimento possa essergli attribuito non solo lo valuto come assolutamente indiscutibile, ma anche, mi riempie di gioia.