mercoledì 27 aprile 2016

STEMMI IN VERONA: 12) SAN ZENO STEMMI SCHIOPPO E NALDA (fotografati il 22 Luglio 2011).


B)    STEMMA NALDA

Riprendiamo l’esame del monumento funebre di Nicola Schioppi/o in quel di San Zeno in Verona. Dopo aver esaminato in A) l’arma del sopraccitato Nicola, diciamo ora due parole sulla moglie Margarita Nalda. Qui il De Betta va francamente in confusione sul cognome. All’inizio, infatti, non riuscivo a trovare traccia dello stemma nella sezione alfabetica, in quanto alla voce “N” non c’era nulla. Aiutandomi con le tavole in cui vengono raffigurate le varie armi, scovavo quella corrispondente e comprendevo come l’araldista l’avesse inserita alla lettera “M”, con la voce “Mulda”. La cosa è incomprensibile perché il De Betta cita la stessa data riscontrabile nell’epigrafe da me fotografata in San Zeno (e infatti di quella parla, e basta), in cui il cognome di Margherita risulta scritto in maniera inequivocabilmente chiara (foto 1). Non solo: non contento, l’autore dice che il Crollalanza, cita i Malda di Roma. Vado a verificare e non è vero: Nel “Dizionario” il cognome è al suo posto, sotto alla lettera “N”, e ricordato regolarmente come “Nalda”. In quest’opera si parla di un inquartato; “nel 1 palato di rosso e di verde, nel 2 e 3 d’azzurro, ad un avambraccio in fascia, vestito di rosso e d’argento, movente dal fianco sinistro, col pugno chiuso di carnagione; nel 4 palato di verde e di rosso” (In Verona ho trovato anche stemmi contenenti il solo palato di rosso e di verde, ma attribuibili probabilmente ad altra famiglia, o forse due famiglie: ne parleremo).         
La composizione mano/avambraccio+fascio di erbe strette in pugno è “classica” e rimanda, come spesso accade, a epoche antiche e contesti certamente pre ed extra-araldici, ma, anche - restando nel nostro ambito, invece- ad agganci (solo formali, ovviamente) con armi magari più famose, come quella dei Merisi (cognome del “Caravaggio” –foto 3-).        
Nel nostro esemplare (foto 2) risulta solo il semplice stemma troncato, e non inquartato, con “sotto” il palato e “sopra” la mano che stringe un fascio di erbe. Già, “le erbe”. Il De Betta parla genericamente di “spighe”, il Crollalanza ci sorprende tutti, tacendone in assoluto (si confronti il suo blasone, poche righe sopra, che menziona  solo il pugno chiuso).
Seguendo una facile intuizione, ho voluto controllare se quel fascio di erbe/spighe non potesse “dire” un po’ di più, e nel Supplimento a vocabolarj italiani, C-E volume secondo, di Giovanni Gherardini, (1852), (
https://books.google.it/books?id=G5UHAAAAQAAJ&pg=PA693&lpg=PA693&dq=erba+di+nome+nalda&source=bl&ots=ZBNFT-VSFv&sig=MS0ZgMlrmggvLev6OP2X0laVrIk&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwjUsKr1vKzMAhVIuBoKHQMdBWIQ6AEIHzAB#v=onepage&q=erba%20di%20nome%20nalda&f=false) troviamo una definizione dell’”Erba Nalda”, riconosciuta come la “digitale”/digitalis purpurea”, famosa per il suo impiego in Medicina (non chiedetemi se è esattamente questo il tipo di “digitalis” in essa impiegato, però).  Più recentemente, qui           
http://www.pontassievenatura.it/gb2/1sp/Digitalis_lutea.html (foto 4), la si identifica come la “digitalis lutea”, che pare più “simile” all’erbetta di umile apparenza, immortalata nello stemma da me fotografato. Tanto in un caso (Merisi=riso) come in questo (Nalda=erba Nalda) la componente parlante è quindi per me palese.

Nota a margine: qualcuno ricorderà che commentando lo stemma Schioppi (12/A), riportavamo come il De Betta sostenesse che il monumento funebre ora visibile in S. Zeno fosse stato trasportato da S. Bartolomeo in Monte nel 1820. Qui ribadisce la cosa, ma assegnando l’avvenimento all’anno 1920, citando come fonte il Da Persico (cosa che non fa nel primo caso: quindi, semplice errore, quello delle due datazioni, o richiamo ad altrettante fonti distinte –una delle quali imprecisata- in contrasto tra loro?).




 

sabato 23 aprile 2016

STEMMI IN SALO’ (BS) ANCORA UNA NOTA SULLA QUESTIONE GIGLIO/RAMOSCELLO TENUTO DAL LEONE.

Abbiamo accennato nel post sottostante, che l'emblema antico di Salò, teneva in...zampa un giglio, giglio sostituito poi nel 1789 dal ramoscello d'ulivo. Ciò è dovuto alla memoria (e al travisamento dell'emblema del giglio stesso, visto come rimando tout court alla Francia, anziché come "generico" simbolo guelfo adottato ANCHE dai francesi) del saccheggio e delle violenze che i transalpini, unitamente ai bresciani, perpetrarono in Salò nel 1797. Questa sostituzione ha dato vita a un particolare curioso, visibile sulla Torre dell'Orologio: la decorazione araldica di metà Seicento (foto 1-2) , reca da un lato il leone con il giglio (unitamente allo stemma del Provveditore Cappello) e dall'altro il felino ...ulivo-munito, con a fianco lo stemma Corner, da non confondersi con i  Correr di cui parlavamo nel post di ieri). Ciò è dovuto al restauro databile al 1890 e quindi successivo alla sostituzione del giglio con il ramoscello, e a conseguente falso storico. Per la cromia dello stemma all’antica ci si appoggiò evidentemente alle indicazionidel Grattarolo (Historia della Riviera di Salò, 1599), indicazioni che nemmeno accennavano al giglio e restituivano pertanto un improbabile “…leone bianco, rampante, in campo medesimamente bianco). Se per il leone della torre, il giglio era comunque stato lasciato, la dipendenza dal Grattarolo è ancora più evidente nel ciclo di stemmi degli antichi comuni della Riviera, realizzati a fine Ottocento e visibili nella Loggia della Magnifica Patria: tra di essi sono raffigurati anche i due emblemi salodiani e per quello “all’antica”, si riporta un leone senza giglio e ancora  in…bianco su bianco (foto 3-4). Un ulteriore nota sulla cromia va senz’altro aggiunta: il leone d’argento munito di giglio, compare in Duomo in stemmi della seconda metà del Quattrocento, in campo rosso e non azzurro.  Traggo queste notizie dallo Stemmario Bresciano di Marco Foppoli (pp. 117-119), in cui questo e molto altro viene scritto in maniera di certo meno succinta. Sicuramente chi fosse interessato all’argomento dovrà rifarsi al testo originale, cosa che io consiglio. Una nota a margine per quanto riguarda la Loggia sopraccitata: in essa compaiono uno stemma in pietra e lacerti di due stemmi antichi, uno dei quali (quello con giglio rosso in campo oro e tracce di aquila nera sottostanti) potrebbe ricondurre ai Ducco. Per l’altra, una suggestione mi farebbe intravvedere qualche elemento dei Comenduno, anche per quelle tracce di verde soprastanti che potrebbero richiamare il cimiero con il drago nascente di quella famiglia (per tutte queste armi, si vedano le foto successive alla 4, l’ultima, la n. 11, risale all’anno scorso, è stata scattata da me  a Bergamo e riporta lo stemma Comenduno) ma  è chiaro che questo è un toto-stemmi che in mancanza di notizie documentate è fine a se stesso. Ma mi piace giocarci senza paura di dire assurdità, tanto so che qui al limite, verranno corrette. Ovvio che il lavoro di Enrico Stefani che oggi, come più volte accennato, verrà presentato proprio alla Loggia di Salò, potrà apportare ulteriori dati.





















venerdì 22 aprile 2016

STEMMI IN SALO’ (BS)
Esterno del Lazzaretto di Salò (foto 6-7-8; per interno vedere foto 9-10-11) 
Per prima cosa si noti lo stemma di Salò “antico”, quando ancora il giglio tenuto nella branca anteriore del leone (foto 1), non era stato sostituito dall’attuale rametto d’ulivo (cosa che avverrà nel 1878), come invece si può notare, ad esempio, nel più recente testimone, di epoca fascista, presente nel Cimitero (foto 2).
Per quanto riguarda lo stemma centrale, un testo assolutamente fededegno riporta l’attribuzione Condulmer, la qual cosa ritengo un lapsus (dato il livello del testo, ripeto, assolutamente eccellente), assegnandolo io alla famiglia Correr (foto 3), come si può notare ad esempio in uno dei testi della BSB (foto 4, troncato d'azzurro e d'argento, vestito dall'uno all'altro). Per quanto riguarda il terzo stemma (foto 5), il testo precedente indica un Fantoni di Salò, ma io nella mia piccola biblioteca non ho riscontro di questo. Di certo, tra gli altri, Enrico Stefani (il cui libro Araldica benacense e valsabbina–ricordo- verrà presentato alle 17,30 di domani, presso la Sala dei Provveditori proprio in quel di Salò-si veda post con locandina qui sotto-) saprà chiarire.










giovedì 21 aprile 2016

STEMMI IN VERONA: 12) SAN ZENO STEMMI SCHIOPPO E NALDA (fotografati il 22 Luglio 2011).


A) STEMMA SCHIOPPO


L’esame di questi due stemmi, provenienti dal medesimo monumento sepolcrale, ci costringerà brevemente a “far le pulci” al testo che stiamo utilizzando (Armerista Veronese di Ottone de Betta, a cura di Giovanni Sartor, Novembre 2014, pagg. 136-177), in quanto in esso sono riscontrabili delle contraddizioni e delle sviste.

La prima arma che poniamo all’attenzione (foto 1-2-3) è quella di Nicola Schioppa/Schioppo (Nicolai Schioppi). La descrizione del De Betta è interessante perché pone involontariamente l’attenzione su come anticamente certe pezze araldiche godessero –vuoi per errori interpretativi dell’esecutore, vuoi per deliberata scelta, e senza scomodare come si fa troppo spesso, le brisure, rare in Italia- di vita particolarmente disinvolta e articolata, del tutto scevre della rigidità burocratica o “da logo” che attualmente si è spesso inclini ad attribuire loro. L’autore infatti, parla, per il nostro testimone presente in San Zeno, di “spaccato in capriolo a sei palle, tre in capo e tre in punta, male ordinate” (e quindi: troncato in scaglione*, a sei palle male ordinate dell’uno nell’altro), ma ci avvisa anche che in S. Tomaso, “a sinistra, appena entrati”, vi è altro stemma degli Schioppo che “invece di essere spaccato in capriolo (troncato in scaglione, nota mia) […] ha il capriolo (cioè reca uno scaglione*, nota mia)”. Non solo: sempre nello stesso edificio, vi è una lapide murata di Alvise Schioppo (1593, quindi più recente della “nostra”) che reca di nuovo uno stemma “spaccato in capriolo”. In altri tre testimoni presenti nel Cimitero Monumentale (uno del 1837) e nel Museo Maffeiano, vi è di nuovo lo scaglione in un caso, mentre degli altri due non si precisa la foggia. Troppo vago il quadro cronologico riportato dal De Betta, per capire se lo scaglione potesse essere arma precedente a quella recante il troncato in scaglione, o se invece le due “figure” abbiano convissuto parallelamente (*si vedano le due differenti tipologie di stemmi nelle immagini- davvero soltanto poste a mo’ di rudimentale esempio a beneficio dei meno esperti- tratte da wikipedia, foto 5-6). Gli smalti dell’arme Schioppi sono il nero e l’argento per quanto riguarda i campi, mentre le palle sono a colori invertiti, e quindi, come detto, “dell’uno nell’altro” (si confronti anche l’’immagine tratta dal Codice “Fugger” della BSB, foto 4). Dal De Betta si evince che il Gianfilippi e il Verza (nonché il Crollalanza, da me poi verificato direttamente,) confermano tali smalti e la loro precisa collocazione (nero nella prima sezione del troncato, argento nella seconda). Ritengo che le palle possano richiamare in maniera “parlante” il cognome, alludendo a quelle da “schioppo”. Il De Betta, in questo caso davvero meno preciso del solito (lo riscontreremo anche nella parte 2 di questo post), qui sostiene che il monumento funebre fu trasportato da San Bartolomeo in Monte a San Zeno, nel 1820, quando altrove (si vedrà sempre in parte 2) ) cita il 1920. Dall’esame diretto dell’opera del Crollalanza, possiamo aggiungere che: anticamente gli Schioppo erano detti “da Zevio” per via delle ingenti proprietà in quella zona; che da metà del Quattrocento in poi furono aggregati al Nobile Consiglio di Verona, “quasi senza interruzione sino ai giorni nostri”; che nel 1776 Clemente XIII conferì a Giuseppe e ai suoi discendenti, il titolo di conti palatini, titolo riconosciuto dall’imperatore d’Austria nel 1829.





 

mercoledì 13 aprile 2016

STEMMI IN VERONA: 11) SAN ZENO STEMMA FIORIO/FLORIO (fotografati il 22 Luglio 2011)
Questi stemmi assai poco leggibili, mi hanno impegnato un po' di più per quanto concerne la loro assegnazione. Non credevo che il De Betta li riportasse, ma invece, dopo una piccola ricerca tra la sezione delle tavole disegnate, mi è stato possibile individuarli, grazie al particolare che meglio spicca dalle foto e cioè la testa bicipite dell'aquila, patrimonio araldico peraltro non certo ascrivibile ad una sola famiglia, in ambito veronese. Comunque sia il citato De Betta assegna quest'arme alla famiglia Fiorio/Florio, anche se per i soli Fiorio restituisce anche arma diversa (simile alla nostra, ma con un cigno o un drago, nascenti dalla partizione, anziché la sunnominata aquila bicipite). Il blasone del De Betta ci riporta un'aquila bicipite coronata nella prima sezione del troncato (da lui sempre chiamato "spaccato"), e una banda scaccata "colle due rose. Scolpita in doppio su una lapide murata sotto i chiostri di San Zeno." Giacchè parla sicuramente di quanto da noi fotografato e che qui riportiamo, va detto che noi siamo assai più d'accordo con il Gianfilippi, che vede sì una banda accostata da due rose, ma non scaccata, bensì nebulosa (minuta). Lo stesso Gianfilippi non è chiaro però quando parla di "banda d'argento caricata da una banda nebulosa d'oro". Forse intendeva una banda nebulosa d'oro, bordata d'argento (o d'argento ripiena nebulosa d'oro? Boh…) Comunque sia l'autore chiarisce come la prima sezione del troncato fosse d'oro, con l'aquila nera coronata del campo, e la seconda di rosso con la "banda d'argento caricata da una banda nebulosa d'oro" di cui abbiamo appena detto, accostata da due rose d'oro. Ma altro araldista, il Verza, riporta una variante in cui il campo della prima sezione non è d'oro ma di verde. (cfr. Armerista Veronese, di Ottone de Betta, a cura di Giorgio Giulio Sartor, cit. pagg. 88 e 263 scheda III tav. 29).

Ricevo e volentieri diffondo.
Eventi romani del 23 e 24 aprile 2016
Sono le nuove "tappe" delle periodiche visite guidate alcune delle quali pubblicate in precedenza.
Condotte con l'ausilio di una guida turistica professionale, già a suo tempo coinvolta in eventi a contenuto araldico, permettono di visitare chiese e monumenti dando particolare risalto agli aspetti araldici e iconografici (cliccare su foto)