martedì 29 aprile 2014

SONCINO, ROCCA. STEMMA E IMPRESE VISCONTEO-SFORZESCHE NELLA "TORRE-CAPPELLA". (Foto del 25 aprile 2014)
Oltre allo stemma sono visibili alcune imprese visconteo-sforzesche: i tizzoni ardenti con funi e secchi, che il Codice Cremosano vuole come “sottratta”, in virtù di una vittoria in duello, da Galeazzo II Visconti (seconda metà XIV sec.) al Connestabile di Borbone, e il “veltro” tenuto al guinzaglio da mano divina accosciato sotto un albero (pino, nespolo o sorbo), utilizzata da Francesco Sforza (IV Duca di Milano 1452-1467). A timbrare lo stemma , l’impresa dei “Piumai, cioè ramoscelli di palma e ulivo accollati da una corona ducale, attribuita a Filippo Maria Visconti (1412-1447 III Duca di Milano) che la ebbe in dono da Alfonso d’Aragona , anche se i ramoscelli intrecciati nella corona medesima erano apparsi già ai tempi di Giangaleazzo Visconti (I Duca di Milano). Insomma un bel compendio di imprese visconteo-sforzesche. Quanto all’epoca della loro esecuzione non conosco date certe. Leggo che l’attuazione del progetto della nuova rocca (voluta da Galeazzo Maria Sforza V Duca di Milano nel 1469) fu iniziata nel 1473, e che la chiusura della torre Sud-Est e la conseguente trasformazione in Cappella fu voluta dalla famiglia marchionale degli Stampa (infeudati dal 1536). A ciò si aggiunga che a me pare di scorgere un leone di San Marco (ma potrei sbagliare) come “sottostante” (e potrei risbagliare) alle imprese visconteo-sforzesche : Venezia ebbe il possesso della rocca dal 1499 al 1509, rocca che poi passò ai francesi (immagino nei tre anni residui di Luigi XII come duca di Milano) e successivamente di nuovo agli Sforza, ritengo con Massimiliano e poi Francesco II (che morì nel 1535, data che coincide con il successivo infeudamento della rocca agli Stampa). Naturalmente tutte queste ipotesi di datazione da storico improvvisato potranno essere spazzate via (e ben volentieri mi auguro che accada) da qualcuno che abbia dati ( o meglio: date) certe sull’esecuzione degli affreschi. Io avevo solo intenzione di condividere con voi queste meravigliose testimonianze araldiche.
Resta da dire per chi volesse saperlo, che l’impresa non è da confondere con lo stemma. Essa è una raffigurazione simbolica di carattere para-araldico composta da “anima” e “corpo” (rispettivamente: frase, parola, motto e raffigurazione vera e propria che “spiega” o forse, meglio, “viene spiegata” dalla prima). L’impresa è completamente slegata dai vincoli propri dell’araldica (scudo, geometrie, ecc. ecc.) ed è una vera e propria opera d’arte. Essa nei confronti dello stemma di famiglia (vincolante per moltissimi aspetti, sia compositivi che giuridici) è strettamente personale e assai più allusiva e allegorica rispetto alla vita (o ad un episodio di essa, ma anche ad un concetto astratto, ecc.) di chi la assume. Anzi io aggiungo che molto spesso questa tipica caratteristica delle imprese ha portato ad interpretare anche gli stemmi stessi con una “fissità” di interpretazioni allegoriche che ad essi non competono, che sono quasi sempre fuorvianti ed in taluni casi risibili. Con ciò non voglio dire che non sia lecito, stimolante e storicamente importantissimo ricercare (quando possibile) il “perché” di un inserimento in uno scudo di un tale o talaltro emblema; verificarne la sua ascendenza storica o storico-artistica; nonché ipotizzare o certificare come tale “perché” sia stato già in origine cosciente e voluto anziché “casuale” (può mai essere casuale una scelta di un emblema, mi chiedo?), e che esso possa quindi portarci ben oltre alla mera descrizione iconografica dell’emblema stesso; ma soltanto che da qui a sostenere che una figura X o Y, o un accostamento di colori Z “vogliano invariabilmente significare” il concetto A, la virtù B o l’attitudine C ce ne corre. E ce ne corre perché la prima opzione è “ricerca”, mentre la seconda è una totale sciocchezza.









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