mercoledì 24 dicembre 2014

Approfitto da subito per augurare a tutti Buon Natale e per ringraziare i suddetti tutti di essere ancora qui, in questo Caffè. Divido l'argomento che segue in tre "puntate". Inizamo con l'impresa della scopetta che ripulisce "dalle polveri del passato il presente, per iniziare un nuovo futuro" (Guerreri, si veda nel testo) che mi pare in tema col periodo dell'anno. Ancora tanti auguri a tutti.
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Per chi non l’avesse fatto in precedenza, raccomando, prima di leggere questo post e tutti i successivi riguardanti l’argomento, di prendere visione di quello postato da me l’11 novembre 2014 alle 11:09. Sempre se ne avrà voglia ovviamente...
URBINO- LE IMPRESE MONTEFELTRO-10) SFORZESCHE:
10.1 (di 3): SCOPETTA/SPAZZOLINO
Vi sarete forse accorti, dopo un anno e passa di Caffè, che non ho mai avuto problemi a confessare pubblicamente la mia maestosa ignoranza, anche e soprattutto rispetto a punti fermi della Storia, a fatti imprescindibili di essa, notori a tal punto da risultare banali ai più, eppure in grado assurgere tuttora a rango di novità per il sottoscritto. Non lo faccio per umiltà, né per umiliazione pubblica (non appartengo, giuro, a nessuna congregazione di “umiliati” intellettuali o pseudo-tali). Lo faccio per comodità, in quanto così agendo ho più tempo per parlare di quanto mi interessa, non sprecandolo per correre dietro a tappare i buchi e le falle che si aprirebbero in quanto dico, allorché volessi ammantarmi di uno spesso mantello di cultura che non mi appartiene.
E così il mio stupore è stato notevole quando, appena entrato nel Palazzo Ducale di Urbino, ho ammirato un’impresa che lì per lì mi pareva identica ad una sforzesca: la scopetta o spazzolino (si confronti ad esempio in http://www.storiadimilano.it/arte/imprese/Imprese07.htm le “imprese” Visconti-Sforza di Franca Guerreri, da cui traggo a mo’ di esempio l'ultima immagine, assegnata dall’autrice a Francesco Sforza IV duca di Milano, 1452-67). Non avrei dovuto provarne, se avessi saputo delle seconde nozze di Federico di Montefeltro con Battista Sforza , figlia di Costanza Varano e di Alessandro, Signore di Pesaro, nonché fratello del Duca Francesco appena citato, che era quindi zio di Battista stessa. Una volta “scoperta” tale cosa, mi sono però messo in testa di stabilire se tale “omonimia” tra le due imprese, fosse davvero dovuta alla parentela Montefeltro-Sforza o a coincidenza. Tale coincidenza in fondo, poteva essere meno improbabile del previsto, visto l’univoco significato morale (almeno ad un primo livello di analisi, che non tenga conto di più vaste e approfondite conoscenze simboliche di respiro universale) di cui si vuole caricare l’impresa della scopetta: ripulire dalle polveri del passato il presente, per iniziare un nuovo futuro. Questo infatti è il “senso” che dà la Guerreri della scopetta sforzesca, e questo è quello che ne dà il Ceccarelli (cit. p. 57), ricordando la nascita “spuria” di Federico (destino comune allo Sforza, definito ancora dopo il suo matrimonio con Bianca Maria, figlia naturale di Filippo Maria Visconti: “bastardo marito di bastarda”. vedi Guerreri in cit.) e la successiva “redenzione” derivata dal diploma pontificio di Martino V che ne “mondava” così “la macchia”*. Il Dal Poggetto inoltre ne ricava un significato più ampio e non legato a contingenze , ma comunque non difforme: “lo spazzolino [come] simbolo di pulizia morale” (in Piero e Urbino, cit. p. 321). Tuttavia proprio da quest’ultimo autore, ricavavo la “certezza” che la scopetta presente in Urbino non fosse impresa originale feltresca ma mutuata dalla moglie. E questo in quanto il Dal Poggetto medesimo in conclusione del suo studio sull’ “Alcova del Duca” (cit., pp. 310 e segg.) fa dipendere proprio la datazione dell’opera lignea, anche dalla presenza in essa dello spazzolino, “non possibile prima del ‘59”, non tanto perché la Sforza in quell’anno fosse divenuta moglie di Federico (lo diventerà infatti solamente nel Febbraio del 1460), ma come “omaggio a Battista, da poco divenuta contessa d’Urbino”. Una relazione chiara, insomma, stando allo studioso, tra gli Sforza e lo spazzolino presente nel Palazzo Ducata urbinate. Relazione però, se non esplicitamente negata, totalmente ignorata dal già citato Ceccarelli che dopo aver riportato il significato morale dell’impresa (accompagnata nei disegni presenti nel suo lavoro dall’”anima” SCOPIS MUNDATA, presente in un cartiglio sormontante il “corpo” dell’impresa medesima), tenta di spiegare la sua assenza tra i simboli del celebre studiolo di Federico o se e come essa possa essere rappresentata o meno, in esso, da un piumino che compare appeso ad un gancio. Come detto, nessun riferimento però, a origini milanesi dell’impresa di cui qui si è parlato.






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