mercoledì 7 gennaio 2015

URBINO- LE IMPRESE MONTEFELTRO-10) SFORZESCHE:
10.2 (di 3): BISCIONE E TIZZONI ARDENTI
Non so dire invece nulla, dello schizzo che ho immortalato e che qui appare in foto 4., a parte il suo rievocare la (in questo caso)  generica storica alleanza Milano-Urbino ai tempi di Federico (magari il disegno faceva parte di un progetto di stemmi di famiglie alleate con cui ornare la stanza?) . Lo stemma  inquarta un vero e proprio emblema araldico (nel senso che fa parte propriamente di uno stemma) e, cioè, ovviamente,  il biscione, con un’impresa, cioè quella dei tizzoni ardenti con funi e secchi. Qui citiamo Antonio Conti che in 
 http://www.iagiforum.info/viewtopic.php?f=1&t=1118&p=11445&hilit=compasso#p11445 ricorda come “Per quanto l'impresa non nasca per stare dentro ad uno scudo, non mancano esempi di imprese rappresentate entro gli scudi…” . Questo fenomeno lo si può osservare, ad esempio,  nella foto dello “spazzolino” milanese tratto dallo studio della Guerreri.  Quel che però riporto qui è  un …binomio stemma (parte di esso)/impresa all’interno di uno stesso scudo.
L’appena citata (e pluricitata ) Guerreri  qui 
http://www.storiadimilano.it/arte/imprese/Imprese04.htm, (link da cui traggo le ultime due foto) attribuisce l’impresa dei tizzoni e secchi a Galeazzo II Visconti; ma se a volte è possibile stabilire la data di entrata in vigore di un’impresa (e quindi anche il nome del suo titolare) è probabilmente meno  possibile stabilirne quella della … sua cessazione d’uso e quindi capire da quando e a opera di chi questa fu abbandonata. Anche per i tizzoni, noi stessi abbiamo dimostrato che il loro uso pare non debba essersi esaurito con la dinastia viscontea ma sia proseguito nel ramo Sforza. Qualcuno ricorderà un mio  post della primavera scorsa  in cui riportavo le fotografie eseguite nella rocca di Soncino, più precisamente nella cappella, voluta da Galeazzo Sforza, quinto duca di Milano, nelle quali si può ammirare lo stemma ducale della famiglia, cimato dall’impresa dei Piumai (dono di Alfonso d’Aragona a Filippo Maria Visconti, terzo duca) e circondato proprio da quella dei tizzoni ardenti e secchi (riporto la foto per comodità –foto 3-). Perché non ricondurre anche questo stemma tratteggiato in Urbino a Battista Sforza o comunque a quelli che l’appena incontrato Antonio Conti giustamente definisce (sempre nel link sopraccitato) “gli strettissimi rapporti che lo (Federico, nota mia)  legavano a quella famiglia a partire dai due fratelli Francesco (poi duca di Milano) ed Alessandro (poi signore di Pesaro)”, legami a cui abbiamo pure noi già conferito il giusto risalto? Certo, il Conti nel suo intervento si riferisce all’impresa del “morso” (la 3 di 3, che incontreremo subito dopo questo post), ma –confortati dall’autorità del parere- riteniamo si possa procedere, in questo caso, ad allargare il campo di questa affermazione anche alll’impresa della scopetta e forse a questa dei tizzoni.  
Purtroppo di questo stemma/impresa non ho trovato riscontro nei testi, e un’attribuzione “diretta” a Battista Sforza invece che ad un generico (quanto reale e strettissimo!) sodalizio Montefeltro/Sforza, parrebbe cozzare anche contro un altro dato di fatto: nello studio che il Dal Poggetto esegue sulla camera picta degli Uomini d’arme del Boccati (seconda sala dell’appartamento della Jole, piano nobile del palazzo ducale di Urbino) che sta nel citato Piero e Urbino (pp. 280 e segg.), lo studioso rende edotto il lettore di alcuni risultati, alcuni ottenuti mediante l’esame alla luce di Wood su alcuni stemmi delle vele. Oltre ai soliti inquartati e aquile feltresche, appaiono  due armi che inquartano lo stemma a bande  azzurre in campo oro con un leone “ritto sulle zampe posteriori” e “con tra le zampe anteriore, un frutto, il cotogno. E’ con tutta sicurezza lo stemma di Battista Sforza”. L’arma appare due volte da sola, e due volte, come detto, inquartata con lo stemma di Federico. E’ notoriamente l’arma “antica” degli Sforza che ricorda –mediante il parlante cotogno-  le loro origini da Cotignola.  Stando a questo, quindi, Battista usò come suo stemma l’arma che più la legava alla famiglia, disdegnando quella “ducale” assunta dai Visconti. Ma è inutile allestire un processo alle intenzioni: nulla vieta un uso libero e non esclusivo (e quindi multiplo) della gamma araldica di una famiglia e comunque lo stemma con l’impresa dei tizzoni –nel Palazzo Ducale- c’è. Ovviamente, come sempre, tutte queste sono ipotesi che qualche già acquisita certezza, che io ignoro, potrebbe spazzare via in una riga. E io sarò ben lieto di accoglierla.


Nessun commento:

Posta un commento