martedì 20 gennaio 2015


URBINO- LE IMPRESE MONTEFELTRO-11) L’ARA DELLA SIBILLA CUMANA e 12) IL TEMPIO DELLA VIRTÙ E DELL’ONORE

Di questa foto abbiamo già parlato in 9) L’AQUILA. Ora, come avevo anticipato in quel post, accenno brevemente ad altre due imprese: l’ara della Sibilla Cumana (Ceccarelli, p. 137, che la vuole impresa di Guidobaldo II, quinto duca d’Urbino; terza in alto da sinistra, tra la bombarda e la meta)  e il tempio della Virtù (sempre risalente a Guidobaldo II, a destra del rovere e sotto all’ara della Sibilla). La prima è un altare “su cui sono posati i […]responsi [della Sibilla Cumana] scritti sulle foglie, che vengono disperse da un soffio di vento, col motto: VERVM EADEM VERSO TENVIS CVM CARDINE VENTUS “Ma se lieve all’aprirsi dell’uscio un soffio di vento…” è il verso virgiliano […] che anima il corpo di quest’impresa cara al duca Guidobaldo II…” (Ceccarelli, cit. p. 137). Lo stesso autore conferma che tale impresa  “è stata disposta tra le altre a ornamento del pavimento della cappellina che il duca Guidobaldo II fece ricavare nell’angusto vano a destra del grandioso camino della Sala delle Udienze; il ristretto piccolo locale vi si apre per accedere allo Studiolo del duca Federico di Montefeltro…” .  Mi pare quindi che quella da me fotografata possa dirsi l’impresa qui descritta, anche se, così pare, mancante dei particolari delle foglie, e del motto. Si nota invece distintamente il “vento” , impersonato dal volto soffiante.  Se invece fossi in errore, e tale impresa fosse diversa da quella dell’ara della sibilla cumana, prego, come di consueto e con la consueta gratitudine, chi sa, di parlare. Abbastanza malinconica l’interpretazione del Nardini che il Ceccarelli riporta: secondo l’autore con quest’impresa, Guidobaldo II “volle dimostrare che le sue speranze, le sue illusioni, i suoi più ardenti desideri […]svanirono come i responsi sibillini dispersi dal vento. Fu ambizioso, sognò il fasto e le grandezze, ma vide sempre esausti i suoi forzieri. Agognò alla gloria, ma i tempi non gli furono favorevoli e la fortuna non gli arrise mai. Egli, dunque, tutto attese dall’altare della Sibilla e nulla ottenne.”.  


Come detto, nella foto è visibile anche il tempio della Virtù e dell’Onore. Il Ceccarelli riporta l’anima  HIC TERMINVS HAERET , che qui non appare.  L’autore ci spiega citando il Picinelli,  che “il tempio della Virtù e dell’honore, da Marco Marcello furono edificati l’uno annesso all’altro, inferendo che per le strade della virtù si portavano gli animi nobili all’acquisto dell’honore”.  Le due torri quindi, simboleggiano le suddette “virtù” e “onore”, mentre il motto viene tradotto con “Qui è fisso decreto”. In pratica, secondo Guidobaldo II,  era “obbligatorio” il culto di virtù e onore, tanto come nel tempio quanto come nel suo Stato, visto come “tempio terreno ricevuto per grazia di Dio” (Ceccarelli, corsivo suo). Sempre il Ceccarelli conferma la disposizione di quest’impresa, anche nel pavimento della cappellina (vedi sopra).
 

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