giovedì 21 aprile 2016

STEMMI IN VERONA: 12) SAN ZENO STEMMI SCHIOPPO E NALDA (fotografati il 22 Luglio 2011).


A) STEMMA SCHIOPPO


L’esame di questi due stemmi, provenienti dal medesimo monumento sepolcrale, ci costringerà brevemente a “far le pulci” al testo che stiamo utilizzando (Armerista Veronese di Ottone de Betta, a cura di Giovanni Sartor, Novembre 2014, pagg. 136-177), in quanto in esso sono riscontrabili delle contraddizioni e delle sviste.

La prima arma che poniamo all’attenzione (foto 1-2-3) è quella di Nicola Schioppa/Schioppo (Nicolai Schioppi). La descrizione del De Betta è interessante perché pone involontariamente l’attenzione su come anticamente certe pezze araldiche godessero –vuoi per errori interpretativi dell’esecutore, vuoi per deliberata scelta, e senza scomodare come si fa troppo spesso, le brisure, rare in Italia- di vita particolarmente disinvolta e articolata, del tutto scevre della rigidità burocratica o “da logo” che attualmente si è spesso inclini ad attribuire loro. L’autore infatti, parla, per il nostro testimone presente in San Zeno, di “spaccato in capriolo a sei palle, tre in capo e tre in punta, male ordinate” (e quindi: troncato in scaglione*, a sei palle male ordinate dell’uno nell’altro), ma ci avvisa anche che in S. Tomaso, “a sinistra, appena entrati”, vi è altro stemma degli Schioppo che “invece di essere spaccato in capriolo (troncato in scaglione, nota mia) […] ha il capriolo (cioè reca uno scaglione*, nota mia)”. Non solo: sempre nello stesso edificio, vi è una lapide murata di Alvise Schioppo (1593, quindi più recente della “nostra”) che reca di nuovo uno stemma “spaccato in capriolo”. In altri tre testimoni presenti nel Cimitero Monumentale (uno del 1837) e nel Museo Maffeiano, vi è di nuovo lo scaglione in un caso, mentre degli altri due non si precisa la foggia. Troppo vago il quadro cronologico riportato dal De Betta, per capire se lo scaglione potesse essere arma precedente a quella recante il troncato in scaglione, o se invece le due “figure” abbiano convissuto parallelamente (*si vedano le due differenti tipologie di stemmi nelle immagini- davvero soltanto poste a mo’ di rudimentale esempio a beneficio dei meno esperti- tratte da wikipedia, foto 5-6). Gli smalti dell’arme Schioppi sono il nero e l’argento per quanto riguarda i campi, mentre le palle sono a colori invertiti, e quindi, come detto, “dell’uno nell’altro” (si confronti anche l’’immagine tratta dal Codice “Fugger” della BSB, foto 4). Dal De Betta si evince che il Gianfilippi e il Verza (nonché il Crollalanza, da me poi verificato direttamente,) confermano tali smalti e la loro precisa collocazione (nero nella prima sezione del troncato, argento nella seconda). Ritengo che le palle possano richiamare in maniera “parlante” il cognome, alludendo a quelle da “schioppo”. Il De Betta, in questo caso davvero meno preciso del solito (lo riscontreremo anche nella parte 2 di questo post), qui sostiene che il monumento funebre fu trasportato da San Bartolomeo in Monte a San Zeno, nel 1820, quando altrove (si vedrà sempre in parte 2) ) cita il 1920. Dall’esame diretto dell’opera del Crollalanza, possiamo aggiungere che: anticamente gli Schioppo erano detti “da Zevio” per via delle ingenti proprietà in quella zona; che da metà del Quattrocento in poi furono aggregati al Nobile Consiglio di Verona, “quasi senza interruzione sino ai giorni nostri”; che nel 1776 Clemente XIII conferì a Giuseppe e ai suoi discendenti, il titolo di conti palatini, titolo riconosciuto dall’imperatore d’Austria nel 1829.





 

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