giovedì 1 dicembre 2016

PERUGIA CHIESA DI SAN DOMENICO (31 LUGLIO 2016)   PARTE 1 DI 2 

Carissimi, a questo giro funziona così: ho cercato di attribuire tutti gli stemmi trovati nella chiesa di San Domenico in Perugia, utilizzando il Blasone Perugino di Vincenzo Tranquilli (XVI sec.) (TR in seguito) e, solo in caso di dubbi, il BSB cod. icon 274 (“Fugger”: Insignia Veneta, Mantuana, ecc.) (F274 in seguito) . Una mano inattesa, quanto sostanziosa, trovata proprio mentre stavo concludendo il lavoro, l’ho trovata in Descrizione storica della chiesa di S. Domenico, di Cesare Orlandi (stamperia di Mario Reginaldi, Perugia, 1778, https://play.google.com/books/reader?id=0bqMAaD-h54C&printsec=frontcover&output=reader&hl=it&pg=GBS.PP5) (OR in seguito).
 Le poche note mie relative a ciascuna arma LE TROVERETE, STAVOLTA, COME COMMENTO DI CIASCUNA FOTO, A FIANCO (NEL GRUPPO FACEBOOK "Il Caffè Araldico", OPPURE SOTTO, NEL BLOG QUADERNI ARALDICI) DELLA STESSA. Dal Tranquilli, secondo me, se ne potrebbero trarre di più di notizie, perché spesso ne riferisce in maniera dettagliata su componenti della famiglia o sui luoghi in cui essa si manifestava “araldicamente” (talvolta menziona addirittura dove teneva “drappelloni” ecc. , il che apre uno scenario assolutamente interessante e non sempre dibattuto con attenzione, sui “supporti” grazie ai quali l’araldica si esprimeva nei tempi d’oro. Noi pensiamo solo a manufatti in pietra e qualche affresco, ma soltanto perché sono questi che si sono conservati…): il problema è che il Tranquilli stesso, a discapito del nome, forse andava di fretta, e ha consegnato il tutto ad una grafia che, benché non risulti certo indecifrabile, richiede molta pazienza perché possa restituire tutte le informazioni che contiene, cosa che allungherebbe i già non brevi tempi necessari a classificare e pubblicare quanto mi sono prefissato. Ad ogni buon conto accanto ad ogni fotografia, ho messo anche il link in cui trovare il riferimento dello stemma da me fotografato, nella versione digitalizzata dello stemmario del Tranquilli. Qualora sia incorso il caso, medesima cosa, avrò fatto per la “Descrizione” di Cesare Orlandi.  Per i più curiosi e volenterosi, segnalo che è possibile scaricare dal sito dell’Estense anche la versione integrale PDF del testo del Tranquilli e l’e-book di quello dell’Orlandi (da google books). 
Va precisato che l’attuale chiesa è rifacimento di Carlo Maderno, dopo il crollo del 1614-1615 (precisamente, stando all’OR, pag. 38/95: 12 aprile 1614 ore 16: crollo della navata centrale; 5 marzo 1615 tra le 22 e le 24: crollo del resto. Seguirono altri “disastri” dovuti all’imperizia degli incaricati alla ricostruzione, prima dell’avvento del Maderno) della chiesa “nuova” detta di Santo Stefano (iniziata nel 1304 e consacrata nel 1459), che a sua volta era stata costruita in sostituzione della chiesa di San Domenico Vecchio (che occupava lo spazio dell’attuale transetto), consacrata nel 1260. “L’altar maggiore di detta chiesa (quella “vecchia”, quindi, nota mia) dimostrava dalle armi, che vi esistevano, (dice il P. Maestro Baglioni nel suo Registro) di essere, se non in tutto, almeno in parte, della nobil Famiglia de’ Mansueti” (OR pag. 20/95, numerazione digitale), che aggiungo io, aveva come stemma, un inquartato d’argento e d’azzurro, a quattro crescenti montanti dell’uno nell’altro  
(http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/bsb00001421/images/index.html?fip=193.174.98.30&seite=539&pdfseitex=). Alla destra era collocato l’altare Cinaglia (Troncato: nel 1° scaccato d’argento e d’azzurro; nel 2° di rosso. http://bibliotecaestense.beniculturali.it/info/img/stemmihtml/cinaglia.html).

FOTO 1: In basso a sinistra:
Lo Stemma riportato dal Tranquilli lo ricorda, ma è evidente la mancanza della fascia (solo apparentemente “orsiniana” che invece si nota nella pagina del Tranquilli e assai meglio (anche se forse con il solito fraintendimento “fuggeriano” dei suoi elementi costitutivi) qui http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/bsb00001421/images/index.html?fip=193.174.98.30&seite=535&pdfseitex Tuttavia essa potrebbe essere rintracciata, nell’arma in pietra da me fotografata, da quella specie di riga ondulata, che a prima vista sembrerebbe solo una linea divisoria tra il bandato e la parte sovrastante (linee divisorie che però, se non erro, sono più care all’araldica moderna, che a quella classica). Per quanto riguarda l’albero, azzarderei a un corgnolo, come richiamo parlante al cognome (cosa che la versione particolareggiata dell’ F274 pare confermare).


In basso a destra:
VIBIANI?
 La “semplicità” dello stemma (un palato) non permette attribuzioni certe, almeno a me. http://bibliotecaestense.beniculturali.it/info/img/stemmihtml/vibiani.html

In alto:
FEDELI



FOTO 2-3-4:
PONTANI
Di questo stemma parlante c’è da sottolineare una particolarità. Esiste arma quasi identica in Perugia che il Tranquilli attribuisce se non leggo male ai Borgia Chianelli (“Borgi” nel sito della Estense): rispetto a questa dei Pontani, in quella manca solo la stella che “accompagna” in campo tutto quanto. Identici anche gli smalti, stando sempre al Tranquilli: “bianco” il ponte, azzurra l’acqua, campo rosso (nei “Borgi” la stella è d’oro. Si noti invece l’assenza dell’acqua negli stemmi da me proposti). Parrebbe quasi di dover tirare in ballo una infrequente “brisura”, per giustificare tale somiglianza, o quanto meno una differenziazione di famiglie in qualche modo intrecciate a doppio filo tra di loro.  Come artefice principale (o comunque tra i maggiori) della ricostruzione del 1614, Carlo Pontani volle, tra altri obblighi, quali messe, messe cantate in perpetuo, ecc., “che si ponessero tre armi nei pilastri a man sinistra nell’entrar della Porta Maggiore, con una iscrizione…” (OR pag. 40/95). Immagino che quelle che qui ripropongo (in parte con foto troppo scure…) c’entrino qualcosa con tutto questo. http://bibliotecaestense.beniculturali.it/info/img/stemmihtml/pontani.html
http://bibliotecaestense.beniculturali.it/info/img/stemmihtml/borgi.html





FOTO 5-6-7:
TRANQUILLI/ALFANI
Complicata l’attribuzione di questo stemma. In destra araldica vi appare arma che è simile ad altre (Serafini/Benesachi http://bibliotecaestense.beniculturali.it/info/img/stemmihtml/serafini.html), ma che poi ho saputo attribuire alla famiglia Tranquilli (da cui immagino discenda l’autore dello stemmario che qui utilizziamo da supporto alla nostra ricerca)               
http://bibliotecaestense.beniculturali.it/info/img/stemmihtml/tranquilli.html                . La sezione di sinistra del partito è risultata più problematica, come sempre quando ci si imbatte in un leone per di più acromo. La scelta è caduta sulla famiglia Alfani  
(http://bibliotecaestense.beniculturali.it/info/img/stemmihtml/alfani.html) (http://daten.digitale-sammlungen.de/~db/bsb00001421/images/index.html?fip=193.174.98.30&seite=529&pdfseitex=)
e forse il nostro OR potrebbe averci elargito prezioso aiuto, allorché afferma come “ la prima cappella a man destra dell’Altar maggiore è del Nome di Gesù. L’altare è tutto di marmo, fatto dalla pietà della Signora Isabella Alfani.” (OR pag. 47/95).  Si noti, a rafforzare questa tesi, che nello stemma partito, l’arma Alfani appaia in sinistra araldica e quella Tranquilli in destra, a certificare un matrimonio tra un rappresentante di sesso maschile di casa Tranquilli e uno di sesso femminile di casa Alfani, come detto, assai probabilmente, Isabella. Già che ci siamo diciamo che il quadro (in foto 5) è di Giuseppe Berrettini, nipote di Pietro da Cortona.
Nei pressi del leggio del coro, l’OR (pag 46</95) segnalava una pietra rossa con lo stemma dei Poggi (da come è descritta l’arma ci si riferisce ai Poggi di Lucca, e infatti poi l’OR precisa che si tratta dell’arma del vescovo lucchese Francesco Poggi, domenicano, vivente nel 1312). Io non l’ho vista non so se per mia distrazione o in quanto sparita.





8-9-10-11 VINCENZO DANTI
Come conferma anche l’OR, che riporta perfettamente le due epigrafi in questione (pag. 48/95), in San Domenico si trova anche il monumento funebre di Vincenzo Danti, sul quale si può reperire qualche notizia qui http://www.treccani.it/enciclopedia/vincenzo-danti/.






12-13 LUDOVICO DI FILIPPO “STRACCO” ALBERTI
Il padre Filippo (n. Fratta di Umbertide 1548; m.Umbertide 1612: la data di morte coincide con quanto scritto nella lapide) fu poeta e membro di spicco dell’Accademia degli Insensati (con il soprannome di “Stracco”). Altre notizie qui http://www.treccani.it/enciclopedia/filippo-alberti_(Dizionario-Biografico)/. Ovviamente nessuna delle tre fonti da me consultate registra quest’arma, e dico ovviamente perché a me la lapide pare otto-novecentesca.




14-15-16-37-38 COLONNA E MONUMENTO FUNEBRE BENEDETTO XI (Niccolò di Boccassio)
Ironia della sorte, questa è la cappella di del monumento funebre di Benedetto XI, che morì nel 1304 a Perugia, pare per dissenteria (altri dicono che la causa di tale sintomo fu - in alternativa al “solito” avvelenamento - una indigestione di fichi: quanti ne mangiò, è un dato che la Storia ha omesso di consegnarci), e che fuggì a Perugia proprio per i disordini creati dai Colonna, allorché il papa assolse i cardinali di tale famiglia dalla scomunica loro comminata da Bonifacio VIII, ma non restituì loro il cardinalato e i beni confiscati (a quanto pare cose più importanti della prima). Il suo monumento funebre e lo stemma Colonna stanno a sfidarsi da secoli uno di fronte all'altro, in questa spoglia cappella in immobile battaglia... (o avranno avuto tempo per fare pace? Quanto? Lo si leggerà qui di seguito). Ingrandendo molto la foto originale, si intravvede (forse) negli scudetti posti nei lobi dell'arco, una linea verticale che dovrebbe fungere da partizione del partito d'argento e di nero attribuito a Benedetto XI (questi fu eletto maestro generale dell'Ordine dei Predicatori nel 1296. Dieci anni prima fu provinciale di Lombardia con elezione in quel di Brescia). Il monumento è opera di Nicolò Pisano. Una descrizione del medesimo e la trascrizione dell’epigrafe da me fotografata è leggibile qui https://books.google.it/books/reader?id=0bqMAaD-h54C&hl=it&printsec=frontcover&output=reader&pg=GBS.PR37 (OR, pagg. 52-53/95). Qui si legge anche che il monumento fu trasferito dove è ora (“dalla chiesa vecchia”) nel 1700, e che il committente fu il Cardinale Lavaldini, detto Niccolò di Prato, di cui però non ho trovato riscontro.      
L’OR però ci viene conferma con la sua trascrizione quanto si può leggere dall’epigrafe sovrastante lo stemma Colonna (OR pag. 65/95). Da essa ricaviamo che il monumento è relativo a Giacomo Colonna “COLVmNE PATRITIJ ROMANI EX COMITIBVS DE MONTE ALBANO…” morto il 1 Agosto 1731 a sessant’anni. La moglie era “ D. LEOPARDA SPERELLI , VNA CVM D. COMITISSA ANGELA AVRELLI COEREDES”.  Come si vedrà anche nel commento alle foto relative al monumento Benincasa (foto da 28 a 32), questa lapide, ai tempi in cui scriveva l’OR, e cioè nel 1778 circa, era collocata nella Cappella di Maria SSma del Rosario e pertanto dev’essere stata posta solo successivamente nella posizione attuale da una mano evidentemente ignara (o no?) della “disputa araldica” che si sarebbe creata tra Colonna e Benedetto XI, di cui ho dato conto poco sopra.











L’OR (pagg. 55-56/95) ci racconta che il dipinto originale della Cappella della “Resurrezione” opera di “Arrigo Fiammingo” andò bruciato a causa dell’allestimento di un presepe. Quello che si vede ora è copia di Giuseppe Laudati di un quadro di Annibale Caracci (in questa copia si trova lo stemma Meniconi che riproduco anche in dettaglio). L’OR poi cita tre iscrizioni relative  alla famiglia Meniconi. Io ne ho riscontrate due e riguardano entrambe due distinti Giovanni Paolo Meniconi figli di altrettanti Cesare: il primo morì nel 1584, e l’altro nel 1684, centodieci anni dopo esatti. Questi, detto “IVNIORI” reca arma con ornamenti esteriori ecclesiastici e infatti, come si evince anche dall’epigrafe, fu vescovo di Bagnoregio per quattordici anni e mezzo (1680-94). Nacque nel 1629 e morì il 24 Dicembre 1694  (la lapide dice che morì a sessantasei anni, in realtà al massimo “quasi” sessantasei) e fu consacrato vescovo da Federico card. Baldeschi Colonna (anche questo si evince dall’epigrafe. Si consulti comunque qui http://www.catholic-hierarchy.org/bishop/bmeniconi.html).  L’iscrizione citata dall’OR e da me non trovata (forse non c’è più…?) è relativa invece ad un Marco Antonio, figlio sempre di un Cesare, cavaliere “hierosolimitano, Alexandriae in Insubria commendatario”, morto nel 1678 (questo sì potrebbe essere un fratello del cardinale di cui sopra).






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