sabato 3 febbraio 2018

VERONA DUOMO N. 33 STEMMA VESCOVO GIOVANNI MICHIEL  (M. 1503)
Chiuse quelle di San Zeno (19 maggio 2016) e Sant’Anastasia (10 gennaio scorso), Iniziamo l’avventura araldica relativa al Duomo e per farlo partiamo banalmente dall’esterno, e da un’arma non certo nascosta… quella di Giovanni Michiel che fa fiera mostra di sé a chiunque sia disposto ad alzare un po’ lo sguardo.
Il M. fu creato cardinale nel 1468 dallo zio Pietro Barbo, poi papa Paolo II. L’elezione del parente al soglio pontificio, ovviamente lo favorì moltissimo, e lo aiutò in particolar modo a ricalcarne pari passo la carriera iniziale (tra i vari incarichi ricoperti prima dal Barbo e poi dal M. ricordiamo la commenda dell’abbazia di Sesto al Reghena).
Come è logico lo stemma da me fotografato ormai il 22 Luglio 2011 risale al periodo in cui il prelato ricoprì la carica di vescovo nella città scaligera. La nomina risale al 1471, ma per ben sei anni il m non fu effettiva in quanto il M. non poté prenderne possesso a causa di contrasti sopravvenuti tra la Santa Sede e Venezia. Questo evento non costituisce di certo un unicum nella vita del “nostro”: le lotte romano-veneziane intorno alla sua figura si ripeterono, ad esempio, anche per la sua successiva nomina a vescovo di Padova: in quel caso fu il punto di vista della Serenissima a prevalere e il M. non riuscì mai a prendere “servizio” nella città patavina. Non ne sono al corrente ma può essere che uno dei motivi di contrasto si dovesse al fatto che la Repubblica esigeva, o quanto meno tentava di avere, vescovi effettivamente residenti ed operanti nelle città loro assegnate, cosa che il M. non garantiva e che de facto non fece: in Verona si vide pochissimo e per eventi del tutto occasionali e simbolici.        
Fu papabile nel conclave che poi determinò invece l’elezione di Alessandro VI, elezione avvenuta anche grazie all’appoggio, da un certo punto in poi, del M. stesso, che per la qual cosa fu lautamente ricompensato dal novello pontefice.  Si dice che proprio il figlio di questi, Cesare, fosse poi il mandante dell’avvelenamento a causa del quale il M. perse la vita nel 1503.

(fonte Treccani, il solito De Betta non aggiunge particolari rilevanti).



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