martedì 17 marzo 2015

I VALIERI/VALERI: STEMMA PARLANTE.
Era il Novembre del 2013, quando nel neonato Caffè introducevo un argomento che amo spiccatamente e cioè quello -in generale- delle armi parlanti(1) e-in particolare- della perdita cognitiva di termini dialettali e non, e di quanto tale perdita possa influire sull’attuale mancata comprensione (comprensione che un tempo doveva invece apparire ovvia) del nesso tra figura inserita in uno stemma considerato e cognome del titolare. Portavo allora l’esempio della famiglia bresciana dei Chizzola e delle “chizzole” (cioè focacce dolci probabilmente pronunciate ‘chisöle, con la “esse” iniziale aspirata) presenti nel loro stemma. Dette focacce, venivano rappresentate correttamente in qualche riproduzione, ma in altre apparivano come generici “bisanti” o addirittura palle con tanto di ombreggiatura, segno, forse, di semplice infedele riproposta artistica, ma forse invece di progressiva incomprensione di quanto si andava dipingendo (o scolpendo). Chissà quanti “bisanti” o “torte” è piena l’Italia o l’Europa che inizialmente non erano tali… (e questo per limitarci a tale figure, senza voler contare quante sono state trasformate, stante la perdita di comprensione del loro significato originario, in qualcos’altro: si veda a tal fine –per esempio- il bellissimo e, come sempre denso, lavoro di Marco Foppoli sullo stemma di Ghedi, intitolato Il bianco scaglione).
Ma non c’è solo il dialetto. Io ad esempio non immaginavo proprio che l’arma dei VALERI (di cui do conto in un paio di foto qui sotto, scattata durante una mia visita al Duomo di Verona, effettuata nel Luglio 2011) fosse “parlante”.
L’ho “scoperto” (sorrido…perché non so quante di queste mie “scoperte” risultino cose risapute e banali per altri, ma il loro numero non dev’essere esiguo…) mentre stavo esaminando, per tutt’altra vicenda (sempre araldica) Il falconiere (Del Falconare/De re accipitraria) di Jacopo Augusto Tuano (di Thou) nella settecentesca traduzione dal latino di Gian Pietro Bergantini. A pag. 10 si parla di un tipo di aquila «…Quod valeat gravibus q; inhiet temeraria praedis Valeriam dixere:/…che perché val di forze, e perché a grandi Prede con voglie temerarie anela, Valeria han detto;».
Chiaro il riferimento all’origine del termine da “Valerius” che come “valente” richiama il valore, la forza, la robustezza. Ma chiaro a quel punto anche il riferimento dell’arma dei Valeri/Valieri a questo tipo(2) di “Aquila Valeria”.
Il mio aggancio allo stemma di tale famiglia veniva poi confermato in glossa dal Bergantini (che ricordiamo traduce dal latino l’opera del Tuano) quando afferma che «potrebbe forse ancor’essere, che questo soprannome di Valeria dato [parola incomprensibile] all’Aquila , per aver essa col suo valore liberata dalla morte Valeria Luperca destinata al sacrificio: del qual fatto riferisce memoria l’Aldr., mettendo anche lib. pr. in considerazione, come la nobilissima famiglia Veneta de’ Valeri, o Valieri , ha per insegna parlante un’Aquila..».
Nelle mie foto è visibile lo stemma del Cardinal Agostino Valeri, vescovo di Verona dal 1565. Gli stemmi però, lo si noterà dal colore del galero e dei fiocchi (che in realtà non collimano, per quanto riguarda il numero, con quanto disposto e codificato in maniera restrittiva in epoca assai più tarda), devono risalire a dopo il 1583, anno in cui (dal 2 Dicembre) fu creato cardinale o dopo il 14 Gennaio 1585, data in cui ricevette il cappello rosso. Nel primo stemma si può osservare la depigmentazione di parte dello smalto rosso presente nella seconda sezione del troncato, mentre il secondo stemma ci restituisce un perfetto troncato d’oro e di rosso, all’aquila al volo abbassato e sormontata da una corona(3) , dall’uno all’altro.
(1) Cioè gli stemmi che contengono figure o comunque elementi che richiamano per assonanza di nome, quello dei loro titolari (le pignatte dei Pignatelli, ad esempio).
(2) Si comprende dal testo che questa “Valeria” è solo uno tra i diversi tipi di aquila: «…e quella, che con forza grande le Lepri adunghia, e leva; e quella che perché val di forze, e perché a grandi Prede con voglie temerarie anela, Valeria han detto;» (Tuano, pagg. 9-10); «Or tra l’Aquile e ben non è una sola d’esse la specie, primo luogo ottiene quella, cui nome derivò dall’oro. Ella brevi ha le gambe […]. Ottima è pure, e di coraggio grande adegua lei quella benché di mole inferiore e benché […] né per lo rostro al par di lei sia forte […] questa appellan Valeria i nostri…» (Ibidem, pagg. 18-19). Da ciò si capisce che la “Valeria” sia un tipo d’aquila che compensa la sua mole inferiore rispetto ad altre specie con il coraggio.
(3) Non vedo il tipo di corona: all’antica?

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