mercoledì 4 marzo 2015

STEMMA DE "LANOCIA".

SI VEDA ANCHE POST DELL'11 SETTEMBRE 2014 SULLO STEMMA DI NOZZA.

Per i riferimenti al Caffè Araldico, contenuti nel testo seguente, si veda: https://www.facebook.com/groups/211814768987383/







Nel 1440 Bonibello del fu Galvano della Nozza, per meriti verso la Repubblica di Venezia, ottenne in feudo assieme ai fratelli Aldregino e Giovanni le terre di Savallo, Bione, Agnosine, Odolo e Preseglie. Dalle mie parti forse non tutti sanno che il Bonibello era imparentato con i Martinengo, avendo sposato Eleonora, la sorella di Leonardo, non uno qualunque visto che fu il capostipite del ramo dei Martinengo dalle Palle e che suo padre, un altro Leonardo (del ramo di Padernello, soprannominato “Fulmine di guerra” e da cui discese anche il ramo dei Da Barco, per tramite di un altro figlio, Giovanni Francesco) , fu protagonista , insieme al fratello Antonio, delle battaglie tra i Veneziani e i Visconti, tra cui, famosissima e ricordata anche dal Manzoni, quella di Maclodio del 12 Ottobre 1427, che ricacciò i Milanesi al di là dell’Oglio (si confronti lo Stemmario Bresciano di Marco Foppoli, pag. 54 per la storia dell’assai recente stemma di questo borgo che a sua volta fa memoria dell’evento e che ostenta anche la particolarissima figura della “leonessa”, credo un unicum o quasi in araldica, forse richiamo alla Leonessa d’Italia, cioè Brescia, di carducciana memoria, Leonessa d’Italia che però, è bene ricordarlo, ha per stemma tuttora un leone…).
Siccome Bonibello non aveva avuto figli maschi e i fratelli Giovanni e Aldregino non lasciarono eredi, il feudo della Nozza, stava per essere avocato. In tali frangenti Leonardo Martinengo (figlio), come visto, cognato di Bonibello, acquistò la rocca di Nozza nel 1478. Il suo obiettivo era creare i presupposti per acquistare l’intero Feudo dei Della Nozza , cosa di cui fece richiesta, infatti, nel 1483. Interessantissima la digressione di Leonardo Leo nel suo Proprietà, signorie e privilegi: i Martinengo (secoli XIV-XV) , che sta in Famiglie di Franciacorta nel Medioevo a cura di Gabriele Archetti (Brescia, 2000 pagg. 133 e segg.), da cui ho ampiamente saccheggiato, sulle motivazioni ideologiche (vista la zona, non potevano essere quelle economiche, le preminenti) di tale “smania da feudo” che influenzò in tale vicenda l’agire di Leonardo Martinengo.
Della richiesta non se ne fece però nulla: Leonardo morì l’anno dopo di peste (come il padre, nel 1439, prigioniero dei Gonzaga e tradito dai conti di Arco, un tempo legati a lui da stretta amicizia). La Rocca rimase però dei Martinengo.
La breve carrellata che qui propongo è tratta dal manoscritto H.V.5 custodito dalla Civica Biblioteca Queriniana di Brescia (detto Libro dei Privilegi), compilato dal 1471 al 1473. Le pagine proposte (si noti il nome del doge Francesco Foscari, 1373/1457 che rimase in carica per trentaquattro anni, battendo ogni “record” di permanenza) trattano del PHEVDVM NOBILIS D. BONEBELI DE LANOCIA: gli Egregij Galvagnj filiorum furono investiti delle terre di Savallo, Abione, Agnosaegno (Agnosine), Odulo et de Preselijs. La data posta in fine di testo (9 Ottobre 1440) va riferita alla concessione del feudo, e non alla stesura di questa trascrizione, perché come visto il codice in cui è contenuta è stato stilato dal 1471 al 1473.
Quel che più conta per noi è la presenza dello stemma nel margine inferiore della carta 200r, che è identico a quello che tuttora viene considerato “lo stemma della Nozza” di cui ho parlato l’11 Settembre 2014 nel post che ho “riesumato” in questi giorni ponendolo in cima alla finestra del Caffè. Si noti in esso l’intervento di Enrico Stefani che parla proprio dell’atto di infeudazione del 1440. La miniatura alla quale si riferisce (più recente di un trentennio come ribadito) penso possa essere la stessa che qui propongo.
Nella sua tesi sul Ms H.V.5, Andrea Sanzò (Il manoscritto H.V.5 della Bibiloteca Queriniana di Brescia Il rapporto testo-immagine in un codice di privilegi miniato (10 Gennaio 1471) relatore Chiar.mo Prof. Giorgio Montecchi, Anno Accademico 1994-1995; Civica Biblioteca Queriniana Brescia) parla di fascia nera attraversante, e, basandosi solo su questa rappresentazione, non poteva fare altro. La “memoria storica” che invece vuole tale fascia verde (e quindi “rendendo”quella della miniatura, soltanto virata in nero per ossidazione, di cui è stato vittima anche l’argento della prima sezione del troncato, argento però correttamente citato come tale dal Sanzò) è secondo me corroborata dal medesimo smalto (il verde appunto) che si è invece conservato tale nei lambrecchini, anche se tale rimando cromatico stemma/lambrecchini non era un tempo codificato come oggi. Sempre il Sanzò parla di un orso come cimiero, quando invece, lo ricordo, nel post dell’11 Settembre 2014 io do conto di una tradizione popolare che lo vuole come un’orsa.

 Fabio Bianchetti Il Caffè Araldico ®


Altri testi consultati non citati precedentemente: Paolo Guerrini, Una celebre famiglia lombarda i Conti di Martinengo; Floriana Maffeis e Gianmario Andrico (con le straordinarie foto del “nostro” VIrginio Gilberti) L’aquila d’argilla.


Autorizzazione alla riproduzione delle immagini: Civica Bibilioteca Queriniana di Brescia (proprietaria del codice H.V.5), 27/2/15. La riproduzione è riservata a Fabio Bianchetti, non ripubblicare, non condividere le immagini. Testo riutilizzabile citando autore e fonte. Grazie.

Nessun commento:

Posta un commento